Dj Fabo, Marco Cappato si è autodenunciato | Il verbale sarebbe già stato inviato al pm

di Redazione

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Dj Fabo, Marco Cappato si è autodenunciato | Il verbale sarebbe già stato inviato al pm

| martedì 28 Febbraio 2017 - 08:16

“Il mio obiettivo è portare lo Stato ad assumersi le proprie responsabilità”. Così Marco Cappato ai cronisti prima di entrare in una caserma dei carabinieri in centro a Milano per autodenunciarsi in seguito al suicidio assistito di dj Fabo avvenuto in una struttura in Svizzera. “Entrerò e racconterò i fatti come sono andati”, ha aggiunto il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni.

Cappato spiega: “Se ci sarà l’occasione di difendere davanti a un giudice quello che ho fatto, lo potrò fare in nome di principi costituzionali di libertà e responsabilità fondamentali che sono più forti di un codice penale scritto in epoca fascista“. “Nel codice penale non si fa alcuna differenza tra l’aiuto a un malato che vuole interrompere la propria sofferenza e lo sbarazzarsi di una persona di cui ci si vuole liberare, mentre la Costituzione questa differenza la fa”, aggiunge ancora l’esponente radicale.

Secondo Cappato, “se i malati terminali potessero bloccare stazioni e strade per settimane, come altri hanno fatto, la legge sull’eutanasia l’avremmo avuta 40 anni fa”. E il verbale di autodenuncia di Cappato è già sul tavolo del pm Tiziana Siciliano. I carabinieri hanno già trasmesso il verbale del racconto di quanto accaduto sottoscritto dall’esponente dei Radicali. Racconto che verrà valutato dal pm in vista dell’apertura di un fascicolo.

Nel caso in cui la Procura di Milano decidesse di iscrivere nel registro degli indagati Cappato, il reato che dovrebbe contestare è “aiuto al suicidio“, previsto dall’articolo 580 del codice penale. L’aiuto al suicidio “rientra nella fattispecie più ampia dell’articolo 580 del Codice Penale ovvero “Istigazione o aiuto al suicidio” che recita: “Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima”.

Se i fatti si sono svolti così come riferiti e riportati dai mass media Cappato avrebbe “agevolato in qualsiasi modo l’esecuzione” del suicidio, spiega l’Ansa. Inoltre la competenza è di Milano poiché dj Fabo viveva a Milano e da qui Cappato lo ha accompagnato in auto nella struttura vicino a Zurigo dove ha scelto di morire.

L’ultimo appello del dj Fabo, che ha scelto di morire dopo due anni di calvario a seguito della tetraplegia dovuta ad un incidente stradale, è stato fatto ai tre amici che lo hanno accompagnato in Svizzera dove è morto. Ma è un appello che il 40enne lancia a tutti: “Non prendetemi per scemo, devo chiedervi un favore: mettete sempre le cinture”.

Intanto la fidanzata, Valeria, su Facebook, nella notte di domenica, aveva scritto: “Vorrei che questa notte non finisse mai…”. La salma, oggi, dovrebbe tornare in Italia.

In tutto ci sarebbero altri cinque persone con residenza in Veneto, oltre a Gianni Trez, il pensionato veneziano morto oggi a mezzogiorno, che avrebbero preso contatti o avviato le pratiche per arrivare al suicidio assistito nella clinica svizzera che ha accompagnato alla morte di Dj Fabo. Lo sostiene Emilio Coveri, presidente dell’Associazione italiana per il diritto ad una morte dignitosa “Exit”, di Torino.

“Negli ultimi mesi abbiamo riscontrato un aumento vertiginoso di iscrizioni – ha spiegato Coveri – e siamo preoccupati perché siamo vicini al raddoppio rispetto allo scorso anno. La metà dei nuovi iscritti lo fa per predisporre un testamento biologico, gli altri perché, già toccati da diagnosi infauste o principi di malattie degenerative, intendono predisporre per tempo l’itinerario che intendono seguire. Le adesioni – conclude Coveri – sono omogenee da tutte le regioni del Centro Nord, e assai più limitate, invece, dalle aree meridionali del Paese”.

Con Gianni Trez c’era la moglie, Emanuela: “Purtroppo siamo costretti a venire fin qui per avere una morte dignitosa e senza sofferenze”. Gianni era malato di tumore e deve assumere tre dosi di morfina al giorno, pesa 50 chili. Tra le spese dell’ambulanza, del farmaco, della clinica, dell’albergo, la famiglia avrebbe speso almeno 10-15 mila euro. Solo la clinica chiede circa undicimila franchi svizzeri.

“Mi sento colpito dalla vicenda come tutti i nostri concittadini”. Lo ha detto il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. “Voglio ricordare – ha proseguito – che la legge sulla quale il Parlamento è chiamato a pronunciarsi riguarda il testamento biologico e non l’eutanasia”.

“Questa tristissima vicenda deve spingerci a riflettere. Guardo con grande apprensione e vicinanza a chi dice ‘non ce la faccio più’, lo comprendo. Mi sdegna la società che non riesce a star vicino, ad aiutare e non riesce a far capire che l’altro è importante, e a farlo sentire utile”. Queste le parole del presidente della Pontificia Accademia per la Vita, arcivescovo Vincenzo Paglia all’Ansa.

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