I carabinieri di Caserta hanno arrestato 46 persone, nelle province di Caserta, Napoli, Benevento, Viterbo, Parma, Cosenza e Catanzaro. Sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, ricettazione, estorsione, illecita concorrenza con minaccia o violenza, intestazione fittizia di beni, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti e spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione illegale di armi, tutti aggravati dal metodo mafioso e commessi per agevolare il clan dei ‘Casalesi’.
Tra gli arrestati anche Walter Schiavone, detto la ‘capra’, figlio del boss ‘Sandokan’, Francesco Schiavone, capo storico del Clan dei Casalesi.
L’indagine, condotta da agosto 2014 a dicembre 2016, ha consentito di ricostruire l’articolazione del sodalizio criminale operante nei comuni dell’Agro Aversano, riconducibile al clan “dei Casalesi”, fazione “Schiavone-Venosa”, dedita, tra l’altro, al racket delle estorsioni e alla gestione delle piattaforme di gioco on line.
Il reggente pro-tempore era Raffaele Venosa, divenuto collaboratore di giustizia dopo l’arresto nel maggio 2015 per il duplice omicidio Pagano-Coviello. Dalle indagini sono emerse tutte le attività illecite con cui veniva alimentata la cassa del clan cosicché il reggente fosse in grado di procedere mensilmente al pagamento degli ‘stipendi’ che venivano consegnati ai figli o alle mogli dei detenuti al 41 bis.
Estorcevano denaro ai commercianti, imponevano l’installazione di slot machine distribuite dalla società prescelta dal clan, i cui referenti, che sono indagati per concorso esterno in associazione di tipo mafioso, versavano una quota per ogni apparecchiatura installata in cambio del monopolio. Inoltre Mary Venosa, figlia del reggente, gestiva il profilo di amministratore di una piattaforma di poker on line denominata DBG Poker mentre Giuseppe Verrone, uomo di fiducia del capo clan e all’epoca fidanzato di Mary Venosa, ritirava la percentuale dei proventi dai titolari dei bar ai quali la piattaforma era stata imposta.
Raffaele Venosa aveva organizzato una vera e propria associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti.