È sempre più caos negli Usa, dopo i primi atti firmati dal presidente Donald Trump. E così dopo il caos in aeroporto, nelle piazze e l’agitazione dei diplomatici, ecco che i funzionari della precedente amministrazione si rifiutano di dare seguito agli ordini del nuovo presidente, ritenuti illegittimi.
La ‘ribelle’ è Sally Yates, il ministro della giustizia reggente e ultima superstite dell’era Obama. Ha ordinato al suo dipartimento di non difendere in tribunale il decreto sull’immigrazione. Non poteva certo passarla liscia per Trump, che invece va dritto per la propria strada e così l’effetto immediato è stato il licenziamento di Yates per aver “tradito” il dipartimento di giustizia.
Già pronta la sostituta, è Dana Boente, il procuratore del distretto orientale Virginia che sarà in carica fino a che Jeff Sessions, nominato da Trump ministro della giustizia, non sarà confermato dal Senato.
“In gioco ci sono i nostri valori” aveva detto Barack Obama e sulla stessa linea si è schierata Yates, nominata proprio dall’ex presidente. “Fino a che sarò alla guida di questo dipartimento” il decreto non sarà difeso, ha detto Yates. “Sono responsabile dell’assicurare che le posizioni assunte in tribunale siano coerenti con l’obbligo solenne dell’istituzione di cercare la giustizia. Al momento, non sono convinta che la difesa del decreto sia in linea con queste responsabilità e non sono convinta che il decreto sia legale”.
Trump ha dapprima attaccato via Twitter la donna per poi silurarla. Ecco la motivazione: “ha tradito il dipartimento di giustizia rifiutando di attuare un ordine messo a punto per difendere i cittadini americani. È il momento di essere seri nel proteggere il paese. chiedere controlli accurati per gli individui che arrivano da sette posti pericolosi non è estremo. È ragionevole e necessario per tutelare il paese”.
E il presidente americano ha rimosso anche il direttore dell’Ufficio immigrazione e dogane nominato dal suo predecessore. La Casa Bianca non ha fornito motivazioni della decisione di sostituire Daniel Ragsdale.
Secondo le ultimissime indiscrezioni, i rifugiati dei paesi non nella lista dei sette messi al bando potranno entrare negli stati uniti fino a giovedì 2 febbraio. Il decreto è stato infatti firmato dopo che erano già stati approvati e considerati in transito. Il decreto ha creato confusione negli aeroporti, dove più di 100 persone sono state trattenute fra le proteste di migliaia di manifestanti. Intanto stamattina, sono state rilasciate almeno 42 persone tra quelle trattenute all’aeroporto Jfk di New York. La notizia del rilascio è stata data dai legali degli immigrati. Gli avvocati del movimento “NoBanJFK” hanno aggiunto di non conoscere invece la situazione di altre due persone trattenute.
Intanto il presidente americano ha confermato che la protezione dei diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transgender che lavorano per contractor federali proseguirà, come stabilisce l’ordine esecutivo firmato dal predecessore Barack Obama. A darne notizia la Casa Bianca con una nota, sottolineando che Trump “è fiero di essere stato il primo candidato presidenziale repubblicano a parlare della comunità gay nel suo discorso inaugurale”.
Dall’Europa giungono segnali di preoccupazione come quello lanciato dal presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk che ha sottolineato come l’Ue affronti le più grandi sfide da sessant’anni, in cui le minacce esterne maggiori sono “la Cina assertiva”, “la politica aggressiva della Russia” verso i suoi vicini, “l’islam radicale” e ora anche l’amministrazione americana”. Tusk ha quindi chiesto a tutti i leader europei di alzare la voce contro la minaccia trumpista.