C’era una volta un borgo, anzi 131…
Sto per infilare la forchetta nel piatto fumante di spaghetti all’Amatriciana quando squilla il cellulare, il numero è sconosciuto: “Architetto, ma Lei non è a Rieti?” “No, perché? Io sono a Bologna! Scusi ma Lei chi è?” è così che comincia una lunga telefonata per capire come mai non mi trovo presso il quartier generale della Protezione civile italiana. Eppure ho già manifestato da tempo l’intenzione di essere arruolato nelle squadre di volontari per la valutazione urgente di agibilità nell’area del sisma. Tuttavia c’è stato un disguido e alcuni di noi non sono stati avvertiti, io tra quelli. La scossa del 30 ottobre alle ore 07:40 di magnitudo ha messo definitivamente in ginocchio tutta la zona appenninica dell’Italia centrale. E, come ormai sta diventando prassi ogni due anni, gli Ordini professionali di Ingegneri, Architetti e Geometri, chiedono a tutti i propri iscritti più esperti di partecipare alla campagna di valutazione di agibilità delle costruzioni lesionate.
E il primo passo di una lunga procedura che dovrebbe condurre alla ricostruzione e al consolidamento dei centri colpiti.
È arrivata la botta
Ero a casa dei miei quando è giunta la scossa, a meno di 70 Km dall’epicentro. Siamo usciti in giardino in preda allo spavento. L’esperienza di un terremoto all’aperto è ancora più scioccante che tra le quattro mura di una casa. La terra ha cominciato a ondeggiare come l’acqua di uno stagno, gli alberi, di ogni tipo e dimensione, hanno mosso all’unisono le chiome spoglie: una danza completamente diversa da quella che normalmente imprime loro il vento. L’intero paesaggio è stato attraversato da una lunga e possente vibrazione. E’ durata più di un minuto e al termine si contavano già 30.000 sfollati.
Il sisma ha colpito 131 comuni dove abitavano circa 350 mila persone. Zone di montagna ma anche di alta collina, valli fertilissime, aree industriali ad alta innovazione. Le migliori produzioni alimentari del centro Italia, le più belle calzature d’Europa. Una popolazione di grandi lavoratori e gente caparbia.
L’emergenza
Si rimuovono le macerie, si mettono in salvo le opere d’arte. Oggi hanno recuperato il campanone del XVIII secolo di Arquata, ieri è arrivato il presidente della Repubblica a inaugurare la nuova mensa di Amatrice. Fino ad oggi l’inverno è stato mite ma le previsioni per la prossima settimana sono pessime, è in arrivo un fronte di gelo e neve. Non oso pensare alle condizioni di chi ha perso la casa e dovrà vivere in tende e baracche per tutto l’inverno.
La vastità dell’area
Il cratere è enorme. Abbraccia un’area di circa 1.000 km quadrati distribuita su quattro regioni (Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo) e sei province (Perugia, Macerata, Ascoli, Fermo, Rieti e Teramo). Al suo interno contiene la zona di massima deformazione, pari a 130 chilometri quadrati, intorno all’epicentro dove il terreno si è abbassato fino a 70 centimetri. Secondo i comunicati della Protezione civile le costruzioni da censire sono circa 200 mila. Un collega, che ha già partecipato al censimento, conferma che quasi la metà delle case da visitare manifesta solo danni riparabili. Molta gente potrà tornare presto nelle case, a condizione che si accelerino le ispezioni e giungano più volontari.
Tutti fuori di casa
La settimana scorsa sono stato a Fermo, a 50 chilometri dall’epicentro del sisma per verificare i danni di un palazzotto storico. L’edificio è del 500 a cui si è aggiunta un’ala verso la fine del 600. Le due costruzioni, unite per 300 anni, si sono di nuovo separate. Quella più recente ha cominciato a scendere verso valle e le crepe sono impressionanti. Ci puoi mettere la mano dentro. I soffitti in camorcanna (canne palustri e gesso) hanno sofferto e pianto schegge di gesso. Nella cappella di famiglia si è verificato un pianto a dirotto: pezzi di affresco ovunque, candelabri divelti, stipiti di porte e finestre aperti come vecchi libri.
La gestione della ricostruzione
Dopo le festività natalizie la macchina burocratica e organizzativa si rimetterà in moto. Il commissario straordinario per la ricostruzione è lo stesso che ha guidato la ricostruzione delle zone colpite in Emilia Romagna durante il sisma del 2012. È quindi plausibile che le procedure e i finanziamenti per la ricostruzione utilizzeranno la stessa metodica. In quel caso le costruzioni dentro il perimetro di massima pericolosità hanno ottenuto finanziamenti compresi approssimativamente tra 550 e 1450 euro/mq per le prime case, con una riduzione del 50% per le abitazioni non occupate e le attività produttive dismesse al momento del sisma.
Lo spettro dell’abbandono
Ci sono luoghi, però, che non si riprenderanno mai più. Penso a Castelluccio di Norcia, famoso per le lenticchie IGP (Indicazione Geografica Tipica) e per la sua valle immortalata in milioni di fotografie primaverili. In questo luogo l’80% delle costruzioni è inagibile, la popolazione non ha più un tetto. E quando tra 10 anni potrà forse tornare nelle proprie case, molti tra gli anziani non saranno più in grado di vivere autonomamente mentre i giovani avranno messo radici altrove. I borghi e le città in queste condizioni sono più di venti e formano il cuore di un’area montana che potrebbe non rialzarsi più, così come la città dell’Aquila che dal 6 Aprile 2009 è il fantasma di se stessa.
Architetto George Frazzica.