Si fa’ sempre più aspra la crisi diplomatica fra Giappone e Corea del Sud a seguito del caso “comfort women”, con il governo di Tokyo che ha richiamato il proprio ambasciatore dalla capitale coreana, Seul.
A far sorgere la polemica è una statua di una giovane donna, posta recentemente di fronte il consolato giapponese da alcuni attivisti, che rompe decenni di silenzio chiesto-imposto dal Giappone sui crimini contro le donne commessi nel conflitto mondiale.
La questione nasce dagli accordi presi a seguito della seconda guerra mondiale, accordi in cui il Giappone si impegnava a indennizzare annualmente (un miliardo di yen – circa 7,5 milioni di euro) le famiglie e le donne superstiti in Corea del Sud per le sofferenze patite sotto la schiavitù sessuale operata dall’esercito nipponico.
Durante il conflitto sarebbero state fino a 200mila le donne poste in schiavitù sessuale dall’esercito giapponese: tra loro vi sono in maggioranza sudcoreane, ma anche cinesi, filippine e indonesiane.