Verità e giustizia, non chiede altro la giovane Deborah, la mamma 27enne del piccolo nato il 2 luglio 2015 a Catania con gravissimi disturbi neurologici perché, secondo la Procura, “due dottoresse a fine turno sarebbero intervenute tardi per non restare ancora al lavoro, all’ospedale Santo Bambino”.
“Voglio che quanto accaduto a me non si ripeta. Chi ricorre a una struttura pubblica deve essere tutelato al massimo“. La donna, che vive in un paese alle pendici dell’Etna, precaria alle poste e con il marito 33enne disoccupato, preferisce restare nell’anonimato.
Per lei parla l’avvocato Gianluca Firrone, che rivela come l’inchiesta “sia stata portata avanti con grande professionalità e segretezza dalla Procura di Catania”. “La famiglia non vuole pubblicità ma la verità e per questo chiede la massima riservatezza e il rispetto della privacy”.
Intanto è stato già eseguito un incidente probatorio sui danni neurologici subiti dal bambino. Il piccolo ha già quasi un anno e mezzo, ma il caso è stato diffuso soltanto dopo che, chiusa la prima parte delle indagini, il gip, su richiesta della Procura, ha disposto la sospensione dal servizio delle dottoresse Amalia Daniela Palano (12 mesi) e Gina Currao (sei mesi).
Entrambe sono accusate appunto di non avere eseguito subito un parto cesareo per “evitare di rimanere a lavorare oltre l’orario previsto, nonostante i molteplici episodi di sofferenza fetale emersi dal tracciato e somministrato alla gestante dell’atropina per simulare una inesistente regolarità nell’esame medico”.
Un analogo provvedimento, per quattro mesi, è stato notificato anche alla dottoressa Paola Cairone che, “pur non essendo a conoscenza degli avvenimenti precedenti, praticava alla paziente per due volte le manovre di Kristeller, bandita dalle linee guida, nonostante un tracciato non rassicurante, e non contattava in tempo il neonatologo che effettuava l’intervento di rianimazione con gravissimo ritardo”.
“La mia assistita – ricostruisce l’avvocato Firrone – aveva più volte chiesto aiuto all’equipe medica, e anche sua madre aveva sollecitato l’intervento cesareo perché la figlia stava male. Perché non sia stato eseguito lo stabilirà la magistratura, così come se ci sono responsabilità”.
“Il bambino era blu cianotico – rivela il penalista – ed era in grave crisi. I danni riportati sono enormi, anche se potranno essere quantificati definitivamente quando il piccolo compirà 5 anni. I genitori vogliono che il bambino abbia una vita più normale possibile anche se le spese mediche sono notevoli. L’amore per lui è immenso, ma anche il dolore che provano. Per questo la priorità della madre è che una cosa simile non accada più”.