Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha espresso il proprio parere sul referendum costituzionale del 4 dicembre e in generale sulla politica italiana, con particolare riferimento alla gestione dell’emergenza migranti.
Juncker (intervistato da “La Stampa”) sul fronte referendum cerca di non interferire, ma sceglie di schierarsi con il governo: “Non so se sarei utile a Renzi dicendo che vorrei che vincesse il Sì. Mi limito a dire che non vorrei vincesse il No. L’Italia è una grande nazione e Renzi ha contribuito a questo. Vorrei che il Paese ritrovasse il suo posto fra i grandi attori dell’Unione europea. Il referendum è una questione essenziale per definire l’architettura istituzionale dell’Italia nei prossimi anni”.
Sul fronte dei migranti, l’appoggio all’Italia è invece incondizionato: “Trovo scandaloso il fatto che si voltino le spalle all’Italia nel momento in cui le persone arrivano sulle sue coste. Tutti i paesi dell’UE devono accogliere un minimo di rifugiati: alcuni non rispettano il quadro normativo fissato, ma nessuno può fuggire dal proprio dovere. Detto questo, non si deve minacciare gli Stati recalcitranti sul piano dei fondi strutturali: vanno convinti. Non possiamo lasciare Grecia e Italia sole davanti al dramma delle migrazioni. Abbiamo salvato 400 mila persone dalla morte, dico noi ma è stata soprattutto l’Italia. È un elemento che fa onore alle virtù da cui è nata l’Europa”.
Una battuta anche sul neo-presidente degli Stati Uniti, Donald Trump: “Ha detto cose che non piacciono a noi europei su molti argomenti: difesa, clima, commercio internazionale… la lista è lunga. Tutti rilevano che non bisogna prendere troppo sul serio ciò che Trump perché farà cose diverse. Io invece penso che non possiamo dire qualsiasi cosa e poi fare il contrario. È una questione di qualità della democrazia. Il mondo oggi è fatto di incertezza e lascia campo aperto ai populismi di ogni tipo. Le critiche degli euroscettici vanno ascoltate, senza metterle sullo stesso piano dell’estrema destra. Il rischio è che i partiti tradizionali diventino loro stessi populisti”.