“L’ipocrisia dei consacrati che vivono da ricchi ferisce le coscienze dei fedeli e danneggia la Chiesa”. Questo il duro appello lanciato da Papa Francesco contenuto nel messaggio inviato al simposio sull’economia organizzato dal dicastero vaticano per la Vita consacrata.
Secondo il Santo Padre “dobbiamo educarci a un’austerità responsabile“. “Non basta aver fatto la professione religiosa per essere poveri. Non basta trincerarmi dietro l’affermazione che non possiedo nulla perché sono religioso”, afferma Francesco.
Davanti a circa mille economisti, il Pontefice ha ribadito che “come consacrati siamo chiamati a diventare profezia a partire dalla nostra vita animata dalla “charis”, dalla logica del dono, della gratuità; siamo chiamati a creare fraternità, comunione, solidarietà con i più poveri e bisognosi”.
“Dobbiamo domandarci se siamo disposti a sporcarci le mani lavorando nella storia di oggi – si legge nel messaggio – se siamo davvero compagni di strada degli uomini e delle donne del nostro tempo, particolarmente di tanti che giacciono feriti lungo le nostre strade; se ci facciamo sopraffare dalla logica diabolica del guadagno, il diavolo spesso entra dal portafoglio o dalla carta di credito”.
Un appello va anche agli economisti presenti: “Ripensare l’economia, attraverso un’attenta lettura della Parola di Dio e della storia”. Il Papa ha lanciato un messaggio di carità verso “i poveri di sempre e i poveri nuovi”. “Dio ci liberi dallo spirito di funzionalismo e dal cadere nella trappola dell’avarizia!”
“Non basta aver fatto la professione religiosa per essere poveri. Non basta trincerarmi dietro l’affermazione che non possiedo nulla perché sono religioso, religiosa, se il mio istituto mi permette di gestire o godere di tutti i beni che desidero, e di controllare le Fondazioni civili erette per sostenere le opere proprie, evitando così i controlli della Chiesa”.
Per Bergoglio: “Bisogna cominciare dalla piccole scelte quotidiane. Ognuno è chiamato a fare la sua parte, a usare i beni per fare scelte solidali, ad avere cura del creato, a misurarsi con la povertà delle famiglie che sicuramente gli vivono accanto. Si tratta di acquisire un habitus, uno stile nel segno della giustizia e della condivisione, facendo la fatica – perché spesso sarebbe più comodo il contrario – di compiere scelte di onestà, sapendo che è semplicemente quanto dovevamo fare”.
“Giovanni nella sua Prima Lettera scrive: ‘Se uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l’amore di Dio? Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità’ (3,17-18)”, ha concluso il Santo Padre.