Sono in tutto 14 gli arrestati, 5 in carcere e 9 ai domiciliari, i destinatari dei provvedimenti restrittivi eseguiti dagli uomini della Guardia di Finanza e della capitaneria di porto di Taranto. Le accuse contestate sono illegale fabbricazione e detenzione di ordigni e sostanze esplosive, finalizzate alla pesca di frodo, inquinamento e disastro ambientale.
Gli indagati “in concorso tra loro e con più azioni esecutive si procuravano materiale esplodente del tipo tritolo e cordite, che detenevano e trasportavano in luogo pubblico fabbricando con esso micidiali ordigni che occultavano sempre in luoghi pubblici e che utilizzavano per la pesca di frodo in mare”.
Il danno causato dall’impiego di esplosivi all’ecosistema marino era notevole. I reati contestati comprendono il periodo compreso da luglio 2015, con permanenza fino ai giorni scorsi.
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Gli inquirenti hanno evidenziato come gli arrestati abbiano “distrutto per mesi il mare con ordigni esplosivi, ricavati da vecchi residuati bellici presenti nel Golfo di Taranto, seguendo i banchi di pesci che cercavano rifugio e nutrimento nei due seni del Mar Piccolo, habitat ricco di biodiversità da tutelare“.
Gli indagati avevano tappezzato di esplosivi, occultati sotto la pavimentazione in legno e tra le reti ammassate, l’intera banchina pescherecci della Città vecchia “trasformata in una vera e propria Santa Barbara a cielo aperto“, ponendo in pericolo, peraltro, l’incolumità dei tanti residenti della zona.
Nel corso delle indagini, durate circa nove mesi, sono stati sequestrati oltre due chili di esplosivi, tra cordite (esplosivo impiegato anche all’interno della bomba atomica “Little Boy”), tritolo ed Anfo (Nitrato di Ammonio), nonché 170 kg di pesce illegalmente pescato. Vengono contestati anche numerosi furti a danno di strutture portuali e navi civili e militari.