A Palermo il museo della seconda guerra mondiale | Ecco il progetto di quattro giovani architetti /FT

di Fabrizio Messina

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A Palermo il museo della seconda guerra mondiale | Ecco il progetto di quattro giovani architetti /FT

| martedì 13 Settembre 2016 - 11:03

C’è un importante progetto di riqualificazione per il restauro delle 12 cisterne sotterranee di Pier Luigi Nervi, costruite come deposito di carburante, all’interno del Parco della Favorita di Palermo.

È un progetto, redatto dai giovani architetti Giulia Argiroffi, Andrea Liguori, Simona Lomolino e Danilo Maniscalco, che prevede la riconversione e riqualificazione delle cisterne, pensandole come il luogo ideale per ospitare il museo della seconda guerra mondiale oltre che, di riflesso, come il motore per attribuire una nuova funzione al Parco della Favorita che non sia soltanto il collegamento carrabile tra il centro della città e la spiaggia di Mondello, nella esigenza di preservarne il valore naturalistico vincolato.

La riqualificazione e rifunzionalizzazione delle cisterne, in un percorso integrato ipogeo, restituirà al parco, uno dei luoghi più suggestivi della città, che ospita l’area militare in disuso, un nuovo significato, che ne permetterà una fruizione più consapevole e qualificata.

“E’ un luogo segreto, magico, – racconta l’architetto Giulia Argiroffi, che sulle cisterne di Nervi ha presentato una tesi di dottorato –  che aspetta di essere scoperto e vissuto, custodito all’interno del parco urbano storico, avvolto dall’oblio che lo ha circondato per quasi un secolo. Corre sotto il parco della Favorita, ai piedi di Monte Pellegrino, un lungo percorso di cunicoli voltati, che collega 12 cisterne ipogee progettate in segreto, tra le due guerre, per la Regia Marina da Pier Luigi Nervi come deposito di carburante e giunte fino a noi, inconsapevoli custodi di un tesoro dal valore incommensurabile, perché possiamo riscoprirle e riappropiarcene. Pur non essendo stati ideati per essere visitati, gli spazi interni delle cisterne vincono tale limitazione lasciando estasiato il visitatore: una pianta circolare dal diametro di 36 metri, su cui spicca una selva di ventuno colonne, per un’altezza interna di ben 16 metri e mezzo. A metà tra le suggestioni di Piranesi e i templi di Karnak”.

Una storia che aspetta di essere raccontata e ascoltata, che inizia da dove si è dovuto dimenticare, dall’estate del 1943, quando la Sicilia, raggiunta dagli alleati americani fu il primo lembo di terra liberato dalle barbarie della guerra. Anche Palermo fu toccata da quell’onda di storia: liberata dalle armate di George Patton, impressa negli scatti di Robert Capa, modificata per sempre dalle architetture belliche di Pier Luigi Nervi. Ora potrebbe diventare il Museo della Seconda Guerra mondiale, anche perché è stato manifestato grande interesse dal Consolato degli Stati Uniti d’America.

“Il recupero di queste cisterne – spiega l’architetto Cesare Ajroldi – è una imperdibile occasione per Palermo e la Sicilia per la qualità e il fascino di queste architetture, al di là della loro funzione: sono grandi sale ipostile, molto alte, che ricordano alcune importanti architetture del passato, anche se di altre dimensioni, tra cui le cisterne di Istanbul”.

“Il progetto che intendiamo realizzare – dice l’architetto Danilo Maniscalco – prevede la realizzazione di un Museo che sappia restituire testimonianza degli avvenimenti in una modalità nuova, che sia rispettosa di tutti i protagonisti a qualsiasi livello coinvolti. Il progetto prevede, infatti, di affidare ad ognuna delle potenze belligeranti, la progettazione e la gestione di un padiglione tematico, il cui spazio verrebbe a coincidere con una delle 12 cisterne, per potere raccontare la “propria storia” della seconda guerra mondiale. Questo racconto corale, multiplo, restituirebbe al fruitore una prospettiva nuova, per immergersi e comprendere gli avvenimenti, sintesi personale del racconto soggettivo di ogni protagonista. Il tutto in un luogo militare riconvertito, un luogo suggestivo, congelato nel tempo, che sarà parte della storia che conterrà e racconterà”.

 

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