É terminata l’autopsia sul corpo di Emmanuel Chidi Namdi, il profugo nigeriano brutalmente ucciso a Fermo per aver difeso la propria ragazza da insulti razzisti.
Gli esami sono stati svolti presso l’obitorio dell’ospedale di Fermo dal medico legale Alessia Romanelli, il perito di parte lesa e il perito di parte Elena Mazzeo, nominata dal difensore di Amedeo Mancini, arrestato per omicidio preterintenzionale aggravato.
Dai rilievi è emerso che Namdi avrebbe ricevuto un forte pugno, tra la mandibola (fratturata) e il labbro inferiore, tale da lasciare intatta la dentatura, ma provocando anche segni evidenti di trauma cranico. Il corpo dell’uomo è per il resto privo di traumi gravi, a parte un’abrasione al polso, unghiate ed un ematoma al polpaccio.
Le analisi non hanno però chiarito la dinamica dell’accaduto: il trauma cranico sarebbe compatibile sia con una caduta all’indietro, sia con un pestaggio (di cui è accusato l’aggressore, che anche lui accusa ematomi sparsi sul corpo). Amedeo Mancini (l’aggressore) è tuttora in stato di fermo, con l’accusa di omicidio preterintenzionale, con l’aggravante della finalità razziale.
Sull’accaduto è giunta anche la presa di posizione del presidente del Senato Grasso, in visita a Lampedusa: “Nessuno può essere ucciso per il colore della sua pelle. Penso che parlare di tolleranza sia già una discriminazione e penso che questo sia il sentimento di tutti gli italiani”.
Durissime le parole di don Vinicio Albanesi, che intende costituirsi parte civile nel processo e lancia una serie di accuse all’aggressore: “Emmanuel è stato ucciso dalle botte. L’emorragia interna devastante che l’ha ammazzato non è stata provocata dalla caduta all’indietro, ma dal pugno che ha ricevuto in faccia. Se chi difende l’assalitore dice parte della verità sull’autopsia, questa mezza verità diventa una bugia”.