C’è un solo spasmodico proposito che muove le alleanze e gli apparentamenti della Lega Nord a Roma e Torino: far fuori Matteo Renzi. Anche se la partita, quella vera e forse decisiva, si giocherà in occasione della consultazione referendaria del prossimo ottobre, la volontà del Carroccio è quella di affossare Giachetti e Fassino al ballottaggio.
“Non sono proprietario dei voti di nessuno e non farò appelli al voto – ha detto Salvini parlando a La Zanzara – ma se qualcuno mi chiede un consiglio, gli dico cambiare e dunque non votare mai per uno del Pd e mettere alla prova i 5 Stelle“. Ma c’è un problema, e nemmeno tanto piccolo, ovvero la posizione antitetica di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia e alleata di Salvini.
“Non potrei mai dare una indicazione di voto per un candidato di Renzi, però obiettivamente non me la sento di dare nemmeno indicazioni per la Raggi perché l’idea che mi sono fatta in questa campagna elettorale è che ci sia un po’ di pressappochismo e quindi non me la sento di mettere la faccia su una amministrazione che potrebbe non dare risultati da me sperati”, ha detto la Meloni.
Tuttavia la posizione dei candidati democratici di Roma e Torino presenta una differenza sostanziale. Perché se da un lato Giachetti, dalla sua, potrà contare sul bacino di elettori moderati che hanno scelto di votare Marchini, Fassino ha ricevuto un sonoro due di picche da Giorgio Airaudo che aveva ottenendo il 3,7% dei voti: “Non vediamo condizioni per alcun tipo di apparentamento né di sostegno”.