Gli elevati livelli di colesterolo Ldl, quello definito “cattivo”, sono il primo fattore di rischio per le cardiopatie ischemiche, e battono fumo, diabete, ipertensione e obesità. Inoltre le cardiopatie ischemiche rappresentano la prima causa di morte (20%) fra le malattie cardiovascolari, che a loro volta si confermano la prima causa di morte nel mondo occidentale.
Sono circa 2 milioni e mezzo gli italiani tra i 35 e i 79 anni con un’ipercolesterolemia grave, per un costo di 1,14 miliardi: 96% per le ospedalizzazioni e 4% per farmaci e assistenza specialistica. Questo è il quadro presentato a Roma, al ministero della Salute, per l’iniziativa Meridiano Cardio “Lo scenario delle cardiopatie ischemiche: focus sull’ipercolesterolemia”, realizzato da The European House-Ambrosetti con il supporto di Amgen.
“L’ipercolesterolemia si posiziona al vertice della piramide dei fattori di rischio: tutti i trial clinici dimostrano che chi ha ipercolesterolemia ha una probabilità di sviluppare coronaropatie 3,6 volte superiore rispetto alla popolazione normale”, afferma Francesco Romeo, presidente della Società italiana di cardiologia (Sic).
Sebbene le statine riescano a tenere sotto controllo il colesterolo nella gran parte dei casi, esistono ancora pazienti ad alto rischio che non raggiungono livelli di Ldl ottimali. Un numero sorprendente di pazienti con ipercolesterolemia è largamente sottotrattata e non raggiunge il proprio target terapeutico.
Il suggerimento dei cardiologi è dunque un maggior impegno per il raggiungimento e il mantenimento di livelli target che oggi secondo le ultime indicazioni si attestano sui 70-90 mg/dl”.
Gli esperti comunque ricordano che bisogna valutare tutte le opzioni terapeutiche adattandole al singolo caso e alla sua capacità di raggiungimento e mantenimento del target o meno.