Adesso c’è anche l’ufficialità: lo Stato italiano è formalmente sotto processo di fronte alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, con l’accusa di non aver protetto la vita e la salute di 182 cittadini di Taranto dagli effetti negativi delle emissioni dell’Ilva.
La Corte di Strasburgo, infatti, ha ritenuto sufficientemente solide, in via preliminare, le prove presentate. A presentare il ricorso a Strasburgo erano stati, nel 2013 e nel 2015, 182 cittadini di Taranto e dei comuni vicini. Alcuni hanno agito in rappresentanza di familiari morti, altri di figli minorenni malati.
Sotto la lente d’ingrandimento è finita la mancanza di un quadro normativo adatto a evitare gli effetti dell’inquinamento del complesso industriale e la violazione del diritto al rispetto della vita degli individui interessati, anche in relazione ai numerosi decreti “salva-Ilva” adottati negli ultimi anni.
“Lo Stato non ha adottato tutte le misure necessarie a proteggere l’ambiente e la loro salute, in particolare alla luce dei risultati del rapporto redatto nel quadro della procedura di sequestro conservativo“, si legge nel documento depositato.
La decisione di comunicare i ricorsi al governo indica che le prove presentate contro lo Stato sono molto forti dal momento che solo l’anno scorso i giudici di Strasburgo avevano dichiarato inammissibile il ricorso di una donna che sosteneva l’esistenza di un nesso tra la sua malattia e le emissioni tossiche degli stabilimenti pugliesi.