Il divieto di dimora per il giornalista Pino Maniaci, con tanto di indagini e intercettazioni, è sicuramente una di quelle notizie che creano ulteriori crepe nel fronte antimafia, che a Palermo e in Sicilia è dilaniato da alcuni anni da forti polemiche. Dopo l’ultimo scandalo che ha riguardato la sezione misure di prevenzione del tribunale e la sua presidente, Silvana Saguto, adesso sotto indagine ci finisce Pino Maniaci, direttore dell’emittente televisiva “Telejato”di Partinico (Palermo), icona della lotta alla mafia e della trasparenza, proprio il giornalista che fra l’altro aveva fatto scoppiare – con le sue denunce – il caso Saguto.
Oggi, dopo anni di indagini, si scopre invece che dietro al ‘paladino dell’antimafia’ potrebbe esserci ben altro. E se le accuse dovessero trovare riscontro processuale l’immagine mediatica che Maniaci ha costruito nel tempo andrebbe in frantumi. Creando ulteriori domande tra i cittadini: chi sono i buoni? chi sono i cattivi?
La notizia che Maniaci fosse indagato era trapelata alcuni giorni fa insieme all’ipotesi di reato: estorsione ai danni dei sindaci di Partinico e Borgetto ai quali avrebbe esorto soldi in cambio del silenzio di Telejato su alcuni scoop. E Maniaci si era difeso con frasi al veleno, parlando di “ritorsione per le inchieste sulla gestione dei beni confiscati alla mafia e sulla corruzione”.
Adesso viene fuori che questa indagine è cominciata nel 2012 e che Maniaci vi è entrato quasi per caso nel 2014, ben prima che scoppiasse il caso Saguto: i carabinieri indagavano sugli assetti mafiosi nel territorio e si erano imbattuti in alcune registrazioni che riguardavano da vicino Maniaci e la sua presunta estorsione. Da qui la decisione di mettergli il telefono sotto controllo, da qui le frasi che testimonierebbero il suo interesse per l’assunzione di una donna, a lui vicina, al comune di Partinico, o la dazione di denaro in cambio di un trattamento giornalistico di favore, o l’acquisto “forzato” di magliette antimafia da parte di enti pubblici. Accuse che Maniaci ha sempre respinto al mittente. E adesso viene fuori l’ipotesi che gli attentati subiti da Maniaci negli ultimi tempi non fossero la risposta della mafia alla sue inchieste ma una vendetta nell’ambito della sfera personale per una storia di donne.
Tutte cose che andranno chiarite nei prossimi giorni ma che spaccano ancora il fronte antimafia e la sua credibilità. Maniaci non sarebbe certo la prima icona antimafia a cadere negli ultimi tempi nelle maglie della giustizia, non sarebbe il primo a predicare benissimo e razzolare male come accadde ad esempio al presidente di Confcommercio Roberto Helg accusato di avere intascato tangenti. Ma tutto questo ha creato sconcerto e disorientamento nell’opinione pubblica che si divide tra innocentisti e colpevolisti.
Fino a ieri Maniaci aveva legato il suo nome alle campagne antimafia, alle crociate per la verità, al coraggio dei suoi servizi giornalistici che non davano tregua alle famiglie mafiose o ai torbidi intrecci politico-affaristici. È stato ospite di Tv nazionali per raccontare il suo lavoro, aveva ricevuto numerosi riconoscimenti per il coraggio professionale, l’ultimo dei quali da una importante tv statunitense e persino “Reporter sans frontieres”, organizzazione non governativa, lo ha indicato come paladino dell’antimafia.
E Maniaci non ha mai abbandonato il suo territorio: da Partinico, dalla sua piccola emittente Telejato (che da oggi è chiusa) ha fatto tremare i potenti, ha puntato i riflettori sulla corruzione dilagante. Ora si trova dall’altra parte della barricata. E in una posizione scomoda.