Una serata per dirsi addio. Il pubblico dello Staples Center e della Nba saluta per l’ultima volta Kobe Bryant, che ha dato l’addio alla pallacanestro nell’ultimo match di regular season Nba 2016, Los Angeles Lakers contro Utah Jazz.
Bryant ha regalato uno show da cineteca: ha vinto la partita alla sua maniera, da solo, segnando i tutti i canestri finali della propria squadra, chiudendo la partita con 60 punti segnati, 4 rimbalzi, 3 assist. Standing Ovation finale per lui a 4.1 secondi dalla fine partita, ormai vinta: Bryant è rimasto in campo praticamente sino alla fine.
La partita è finita 96-101: importava ai Jazz (ancora in corsa per i playoff), a pochi altri forse. Anche il record dei Golden State Warriors deve farsi da parte per omaggiare, il numero 24 dei Lakers.
Kobe Bryant ha trasformato la sua ultima stagione in un lunghissimo tour d’addio al basket, fatto di saluti e omaggi dei tanti che lo hanno amato e dei tanti che lo hanno odiato. Un addio che a tratti è stato un calvario per il suo fisico, con una spalla destra martoriata dalle lesioni e un tendine d’Achille ricostruito nel 2013.
La stella dei Lakers (sua unica squadra da professionista) lascia il basket, dopo 20 stagioni, segnando oltre 33.000 punti in carriera, vincendo 5 titoli Nba (alcuni con giocate a dir poco leggendarie), 3 volte MVP, 18 volte convocato per l’All Star Game, 11 volte nel miglior quintetto stagionale, seconda miglior prestazione individuale in una singola partita (81 punti vs Toronto, 22 gennaio 2006) e 2 ori olimpici con la nazionale americana, a Pechino 2008 e Londra 2012.
La sua impressionante abilità nella tecnica e nei fondamentali, la spasmodica voglia di vincere, un’indole solitaria e individualista sia in campo che fuori, sono l’eredità di un campione controverso, ma che è indiscutibilmente il più grande fuoriclasse della generazione post Jordan e uno dei più grandi fuoriclasse della storia del basket e dello sport moderno.
(Foto da Twitter: @Nba)