Domenica 13 marzo un commando jihadista ha ucciso 18 persone in un attacco sulle spiagge di Grand Bassam, nei pressi della capitale della Costa d’Avorio, Abidjan. Grand Bassam è una località balneare frequentata da turisti occidentali, specialmente francesi.
L’ attentato è stato rivendicato dall’organizzazione terroristica Aqim, “Al Qaeda nel Maghreb islamico”; si tratta di un gruppo terrorista attivo da vent’anni in Algeria e nel Sahel occidentale francofono (Mali, Niger e Burkina Faso), ufficialmente affiliato ad al Qaeda dal 2005. Dedito alla guerriglia e protagonista di numerosi rapimenti per autofinanziarsi, si è reso responsabile di due sanguinosi attentati nell’ultima parte del 2015: a Bamako, capitale del Mali, ha attaccato un hotel frequentato da turisti e cooperanti occidentali; ad Ougagandou, capitale del Burkina Faso, ha preso di mira un caffè, anche questo frequentato da stranieri.
L‘ultimo attacco in Costa d’Avorio segna un allargamento del teatro operativo del gruppo; è infatti la prima volta che Aqim colpisce così a sud, uscendo dal proprio tradizionale territorio nel Sahel. Lo stato ivoriano ha attraversato fra 2002 e 2011 una fase difficilissima di scontri politici ed etnici, sfociati in una guerra civile fra il presidente Laurent Gbagbo e i ribelli originari del nord del paese. Risolutivo è stato l’intervento diplomatico-militare della Francia, la cosiddetta “Operazione Licorne”: i francesi hanno sostenuto i ribelli guidati da Alassane Ouattara e spinto per la deposizione di Gbagbo. L’ascesa di Ouattara ha dato l’avvio a un rafforzamento dei rapporti fra i due paesi; nel 2012 Francia e Costa d’Avorio hanno siglato un importante accordo nel settore militare che istituzionalizzava la presenza fissa di un contingente militare francese con compiti di addestramento, formazione, intelligence e sostegno logistico.
Gli esperti interpretano quindi quest’attentato soprattutto in chiave anti-francese: Aqim infatti sta sistematicamente colpendo tutti i paesi dell’Africa occidentale che collaborano con Parigi sul piano diplomatico, economico, militare e dell’antiterrorismo. La Francia è infatti presente militarmente nell’area del Sahel francofono – Burkina Faso, Chad, Mali, Mauritania e Niger – nell’ambito dell’operazione Barkhane, lanciata nel 2014 dai militari francesi in chiave anti terroristica. Lo scopo dell’operazione, che impiega 3.000 uomini in permanenza, è di evitare che il Sahel “diventi un luogo di passaggio permanente, dove gruppi jihadisti tra Libia ed Oceano Atlantico possano ricostruirsi e rafforzarsi, costituendo così una seria minaccia alla nostra sicurezza”, ha detto il ministro della difesa francese Jean-Yves Le Drian. Ovviamente, Aqim rappresenta uno dei target principali dell’operazione.
Ecco quindi la logica degli attacchi di Aqim: colpire gli alleati di Parigi in Africa per contrastare la Francia. Infatti, un comunicato rilasciato dall’organizzazione qaedista il 14 marzo sottolinea come l’attacco di Grand Bassam rientri in una strategia globale per colpire i cittadini occidentali e i loro luoghi di ritrovo e punire così quei governi africani che fanno “sataniche alleanze” con la Francia. Un secondo obiettivo è quello di riaffermare la “leadership” dei gruppi qaedisti nella Jihad africana di fronte alla concorrenza crescente dell’Isis e dei suoi alleati regionali, come i nigeriani di Boko Haram.
Il tragico attacco sulle spiagge ivoriane dimostra inoltre che Aqim sia in grado di colpire al di là delle proprie tradizionali roccaforti nel Sahel e che quindi il fenomeno del Jihadismo si sta estendendo alla regione del Golfo della Guinea, zona tradizionalmente caratterizzata da una presenza islamica moderata, con forte influsso delle pacifiche confraternite mistiche dei Sufi, e da buoni rapporti con le comunità cristiane.