Il 17 aprile si avvicina e le contrapposizioni in merito al referendum sulle trivelle si fanno sempre più aspre. Ma cosa prevede, per l’esattezza, questa consultazione popolare?
Partiamo dal nome esatto, ovvero: “Referendum relativo all’abrogazione della previsione che le attività di coltivazione di idrocarburi relative a provvedimenti concessori già rilasciati in zone di mare entro dodici miglia marine hanno durata pari alla vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”.
In sostanza si chiede ai cittadini se si vuole che alla scadenza delle concessioni esistenti, vengano bloccati i giacimenti già in attività nelle acque territoriali italiane entro le 12 miglia dalla costa”. Il quesito, quindi, non riguarda le trivellazioni sulla terraferma o quelle a distanza superiore di 12 miglia dalla costa.
Cosa succede in caso di vittoria dei “Sì” e cosa in caso di successo dei “No”. Dovesse passare il referendum, lo sfruttamento dei giacimenti presenti entro l’area indicata continuerà solo fino alla fine della concessione già in atto.
Nel secondo caso, invece, continuerà lo sfruttamento dei giacimenti dopo il rinnovo delle concessioni. Il referendum è stato promosso dai consigli regionali di Basilicata, Puglia, Liguria, Marche, Sardegna e Veneto.
È da ricordare comunque che il referendum non vieterà nuove trivellazioni, ma solo lo sfruttamento di quelle già esistenti oltre il periodo già previsto dalle concessioni.