Il tecnico italiano Salvatore Failla, ucciso in Libia insieme a Fausto Piano dopo 7 mesi di prigionia, sarebbe morto per colpi allo sterno e alla zona lombare. Lo sostengono i periti di parte che non hanno rilevato alcun foro in testa.
Secondo gli inquirenti della Procura di Roma, sia Failla che Piano non sarebbero stati vittima di un’esecuzione. Sul corpo dei due tecnici italiani sono state riscontrate “diverse lesioni dovute a colpi d’arma da fuoco” e questo fa pensare che siano morti in una sparatoria.
Ma esplodono le polemiche sull’autopsia eseguita a Tripoli: “È stata una macelleria – ha detto il legale della famiglia Failla – Il prelievo di parte di tessuti corporei ha reso impossibile l’identificazione dell’arma usata, la distanza e le traiettorie”.
Per l’avvocato Francesco Caroleo Grimaldi: “È stato fatto qualcosa che ha voluto eliminare l’unica prova oggettiva per ricostruire la dinamica dei fatti”. Il penalista, che assiste i familiari di Salvatore Failla, ha tuttavia riconosciuto l’impegno dei rappresentanti italiani in Libia che “si sono battuti per evitare questo scempio”.