Solitamente quando si usa la frase “mi spezzi il cuore” ci si riferisce a uno stato d’animo doloroso, di forte pena. Adesso però la locuzione potrebbe assumere nuovi significati. Sì perché uno studio pubblicato sull’European Heart Journal, condotto su nove paesi tra cui l’Italia e coordinato da Jelena Ghadri del Policlinico Universitario di Zurigo, ha dimostrato che anche la felicità può “spezzare il cuore”.
Con “spezzare” si intende, in termini medici, creare problemi con sintomi somiglianti a quelli dell’infarto, la cosiddetta sindrome da crepacuore o “cardiomiopatia di Takotsubo”.
Sulla base del nuovo studio, è dunque ora possibile parlare di sindrome dei cuori felici. La cardiomiopatia si Takotsubo (anche nota come cardiomiopatia da stress o sindrome del cuore infranto) è caratterizzata dalla dilatazione di una camera del cuore (il ventricolo sinistro). Si manifesta con sintomi simili a quelli dell’infarto: dolore toracico, difficoltà respiratorie, alterazioni del ritmo cardiaco. La sindrome non è da sottovalutare perché aumenta comunque il rischio di soffrire di infarto.
Gli studiosi hanno considerato 485 individui cui è stata diagnosticata la cardiomiopatia di Takotsubo in seguito a una circostanza emotivamente molto forte verificatosi nelle loro vite. Nella stragrande maggioranza dei casi a far scattare Takotsubo è stato un avvenimento triste, un lutto, un dispiacere fortissimo e improvviso, problemi di coppia. Nel 4% dei casi, però, la sindrome Takotsubo si è manifestata in seguito a una situazione gioiosa capitata nella propria vita, ad esempio, la nascita di un nipote o un matrimonio. Insomma, i cuori felici e i cuori tristi possono andare incontro allo stesso tipo di disfunzioni con rischi per la salute da non sottovalutare.
Lo studio ha quindi dimostrato che emotivamente molto carichi, siano essi negativi o positivi, fanno scattare le stesse molle e probabilmente condividono meccanismi comuni che poi portano a soffrire della cardiomiopatia di Takotsubo.