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Camorra, sequestro di beni da 100 milioni di euro | Sono di uomini vicini al clan Giugliano di Napoli

Sequestro di beni per un valore di 100 milioni di euro da parte della Dia di Roma.

Appartengono a cinque personaggi di responsabili di un vasto sistema di usura e gioco d’azzardo sul litorale romano, in particolare a Ladispoli dove i cinque risiedono.

Alcuni di questi, già arrestati in un’operazione della Dia del giugno scorso, risulterebbero vicini al clan Giuliano di Napoli. Tra i beni sequestrati 60 immobili di pregio, 11 società, 200 rapporti bancari, 20 veicoli e 10 terreni agricoli.

Uno dei soggetti, Patrizio Massaria, già ai domiciliari, appresa la notizia si è sentito male ed è stata chiamata un’ambulanza mentre la moglie ha inveito contro i cronisti presenti davanti alla sua abitazione.

In particolare, informa una nota della Dia, il decreto di sequestro dei beni è stato emesso nei confronti di “Patrizio Massaria, Angelo Lombardi, Giuseppe D’Alpino, Carlo Risso e Francesco Naseddu, tutti residenti a Ladispoli. Gli stessi sono stati ritenuti responsabili della gestione di ingenti patrimoni, provento di attività criminali, riconducibili ad un articolato sistema di usura in danno di cittadini ed imprenditori locali in crisi economica, molti dei quali anche a causa del gioco d’azzardo, incoraggiato peraltro dagli stessi usurai che lo gestivano sulla piazza di Ladispoli”.

“Il provvedimento, emanato a seguito di proposta di misura di prevenzione formulata dal direttore della Dia, è l’epilogo di una complessa attività investigativa – continua la nota – condotta dallo stesso Centro Operativo e denominata ‘Alsium’, che ha portato nel giugno scorso all’arresto di Masaria, Lombardi e Risso, ritenuti responsabili in concorso tra loro dei reati di usura ed esercizio del gioco d’azzardo aggravati”

“Gli approfondimenti investigativi hanno consentito di provare – conclude la Dia – non solo la vicinanza dei predetti al clan Giuliano di Napoli, in particolare di Massaria e di D’Alpino indicati da alcuni collaboratori di giustizia quali referenti del clan sul territorio di Ladispoli, ma anche la sproporzione dei redditi dichiarati rispetto al patrimonio posseduto dagli stessi, ciò a conferma della loro pericolosità sociale”.

Fabrizio Messina

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Fabrizio Messina
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