Continua la sfida per le primarie Usa dopo “l’aperitivo” in Iowa. Martedì 9 febbraio si vota nel New Hampshire, nell’ultima settimana di febbraio in Nevada e South Carolina. Tra i democratici sembra esserci molto equilibrio tra l’ex first lady Hillary Clinton e il senatore Bernie Sanders la cui proposta politica è tratteggiata nell’articolo di Giuseppe Citrolo.
Il senatore del Vermont Bernie Sanders, ultrasettantenne ex sindaco della cittadina di Burlington, era considerato un candidato estremista senza alcuna speranza alle primarie presidenziali. Ma ha praticamente pareggiato con Hillary Clinton alla prima prova in Iowa. Adesso Sanders preoccupa l’entourage dell’ex first lady, che deve fare i conti con il successo dei suoi argomenti soprattutto presso i giovani.
Sanders è una figura politica decisamente atipica; si descrive come un “socialista democratico” ammiratore del modello svedese e propone una profonda riforma del Partito Democratico, verso una “maggiore attenzione ai bisogni della gente”. In un discorso alla Georgetown University del novembre 2015, ha chiarito la sua visione politica sociale: ”Non penso che il governo debba possedere i mezzi di produzione o impadronirsi del negozio di alimentari giù all’angolo, ma penso che la classe media e le famiglie lavoratrici meritino un tenore di vita decente”.
Il rafforzamento della classe media è un punto fermo della sua proposta; si tratta di un socialismo all’americana, depurato da termini quali ‘classe lavoratrice’ o ‘masse’ che sono alieni al Dna politico statunitense. Secondo Sanders, gli interessi della classe media sono contrastati dalle lobbies dell’establishment politico ed economico, voce delle grandi Corporations, che indirizzano a suon di dollari il dibattito tra i candidati democratici alla Casa Bianca. “La mia campagna elettorale è finanziata dalla gente – ha dichiarato alla CNN -, quella della Clinton da Wall Street. La Clinton è una progressista a corrente alternata”.
E la sua proposta politica è coerente con la visione di un sostegno a 360 gradi della classe media. Propone la creazione di un sistema sanitario pubblico di tipo europeo, che ritiene sarà meno costoso per milioni di americani. “Si tratta di una tassa – ha riconosciuto – ma la gente risparmierà migliaia di dollari rispetto ai premi assicurativi oggi versati ad organizzazioni private”. Propone inoltre il controllo dei costi dei farmaci da parte dello Stato. È il fautore di un appoggio forte ai giovani americani meno abbienti: un’istruzione gratuita e di qualità nelle Università pubbliche; una rete di asili a basso costo in tutti gli Stati Uniti; la forte riduzione dei tassi d’interesse sui prestiti agli studenti, molti dei quali al termine degli studi sono gravati da decine di migliaia di dollari di debito.
Secondo Sanders, è necessaria una profonda riforma del codice fiscale per far pagare più tasse agli americani ricchi e alle grandi multinazionali e banche d’affari. “I 20 patrimoni più ricchi d’America equivalgono alla metà della ricchezza privata americana, questo è un fatto”, ha ricordato in un’intervista alla CNN. Questo, tra l’altro, include anche una tassa sulle transazioni finanziarie, per dissuadere Wall Street dall’intraprendere speculazioni eccessivamente rischiose. Si tratta di un punto che ha attratto l’attenzione dei media, perchè il ricordo della crisi finanziaria del 2009 è ancora vivo.
“L’America ha più carcerati di qualsiasi altra nazione al mondo”, ha dichiarato anche Sanders; vuole limitare il carcere per i crimini non violenti e propone un sistema carcerario più orientato alla riabilitazione che alla repressione. Vuole inoltre smilitarizzare le forze di polizia. Si tratta di una proposta rivolta soprattutto a neri ed ispanici, che costituiscono la stragrande maggioranza della popolazione carceraria e che non gli accordano al momento particolare favore, sulla base delle statistiche elettorali.
In politica ambientale propone grandi investimenti statali nel settore delle energie rinnovabili, maggiori finanziamenti ai parchi nazionali e la protezione di tutte le specie di animali selvatici, soprattutto quelle a rischio di estinzione. Si tratta si una prosecuzione dell’impegno di Obama, che si è lanciato in un campagna “verde” contro il cambiamento climatico ed ha preso importanti impegni al COP 21 di Parigi di fine novembre.
La politica internazionale è la parte più debole del suo programma, poco più di una bozza. Sanders non se ne è mai interessato molto, preferendo i temi interni della disuguaglianza economica. Nel 2003 è stato comunque tra i pochi senatori a votare contro l’invasione dell’Iraq di Saddam Hussein. Ed in generale non è favorevole ad un ruolo americano da superpotenza muscolare sullo scenario internazionale: uso della diplomazia e coinvolgimento costruttivo nei confronti dell’Iran, tendenza isolazionista, nessun uso di truppe di terra americane per combattere l‘Isis.
Molto più netta la sua posizione sulle politiche commerciali internazionali: Sanders si è opposto fermamente alla TransPacific Partnership, un trattato di libero commercio con paesi asiatici e sud americani firmato di recente. Coerentemente, Sanders aveva votato in passato contro la ratifica del NAFTA (trattato di libero commercio con Canada e Messico). Il Senatore considera questi accordi un vero disastro per i lavoratori americani, perché favoriscono la delocalizzazione di posti di lavoro non qualificati verso paesi a minor costo.
Insomma, il candidato Bernie Sanders non ha paura di infrangere tabù americani o di prendere posizioni che sa essere di minoranza. Molti analisti continuano a sostenere che non abbia alcuna chance di vittoria in un paese conservatore come gli Stati Uniti. Ma il contributo principale di questo “socialista democratico” in questa tornata presidenziale sembra essere lo spostamento a sinistra del dibattito nel suo partito; Hillary Clinton è già costretta a ribattere punto su punto alle proposte del Senatore, difendendo le posizioni moderate dell’establishment democratico che garantiscono peraltro largo e sperimentato consenso.