La situazione per i bambini che vivono in Italia è drammatica. L’incidenza della povertà assoluta nelle famiglie (cioè quando non si hanno i soldi per i bisogni primari) con almeno un minore si è triplicata tra il 2005 e il 2014, passando dal 2,8% all’8,5%, interessando oltre 1 milione di bambini. Peggio al Sud, dove le percentuali di famiglie in povertà assoluta sfiorano il 10%, la mancanza di mezzi colpisce soprattutto famiglie italiane e non straniere! Un bambino su 7 nasce e cresce in condizioni di povertà assoluta; mentre un minore su 100 è vittima di maltrattamenti, uno su 20 vive in aree inquinate e a rischio di mortalità. In Italia solo il 13,5% della popolazione sotto i tre anni riesce ad andare all’asilo nido, ma al Sud le cose sono molto peggio con punte estreme come la Calabria, fanalino di coda, con il solo 2,1% dei bambini all’asilo. Sotto il livello di molti paesi considerati poveri!
Ma in generale fa riflettere l’esiguità delle risorse stanziate per i più piccoli: la spesa sociale nell’area famiglia e minori è molto più bassa della media europea, con 313 euro pro-capite, a fronte di 506 euro medie in Europa e dei ben 952 euro pro-capite della Germania. Capito, la Signora Merkel ci tiene ai suoi bambini, almeno tre volte di più di quanto non ci tengano in Italia. Se poi si considera l’investimento nei servizi forniti per le famiglie e i minori da parte dei comuni, emergono allarmanti differenze, poichè si va dalle 250 euro a bambino in Trentino, ai 20 euro della Calabria, a fronte di una media nazionale di 113 euro!
La verità, come è stato recentemente ribadito nell’8° rapporto CRC (Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza), e come si evince anche “sfogliando” l’atlante interattivo sull’infanzia di Save the Children, in Italia manca una strategia nazionale che riguarda le risorse e i progetti dedicati a infanzia e adolescenza. Non esiste ancora un monitoraggio a livello istituzionale e una visione di lungo periodo nella distribuzione delle risorse. Insomma i bambini non votano….
Ma c’è di peggio: un bambino ogni 500 vive in strutture di accoglienza. Cioè non con la propria famiglia. I minorenni affidati ai parenti sono circa 7.000, più o meno quanto quelli affidati a famiglie terze, per un totale complessivo di circa 14.000 affidamenti familiari. Mentre i minori inseriti in comunità, quelli che non vivono in una famiglia, e quindi con un disagio maggiore, sono più di 14.000, di cui circa 4.000 disabili. Siamo di fronte a 28 mila minori che non vivono nella loro famiglia, cui si aggiungono decine di migliaia di minori stranieri che arrivano ogni giorno (nel 2014 circa 13 mila minori stranieri erano non accompagnati, anche se si tratta per la maggior parte di ragazzi tra i 15 ed i 17 anni).
Quale sarebbe la cosa logica, in un paese logico? Tanti bambini senza famiglia, tante famiglie senza bambini… che i minori senza famiglia ne trovassero una, attraverso le adozioni. Ci sono migliaia di coppie eterosessuali in Italia che vorrebbero adottare un figlio, ma la legge per le adozioni nazionali, sebbene migliorata rispetto al passato, è ancora complessa e il numero dei minori dichiarati ogni anno adottabili, circa mille, è di gran lunga minore delle coppie italiane che vorrebbero adottarne uno (sono circa 10 mila le coppie che, ogni anno, fanno richiesta di adozione). Un solo bambino su dieci può essere adottato, gli altri restano nelle strutture. E’ chiaro che l’indotto delle strutture per minori, che in Italia sono oltre 1.800, è enorme e fornisce lavoro a migliaia di persone, anche se ha un costo sociale enorme di circa un miliardo al giorno, che si eliminerebbe totalmente con le adozioni.
Ma in questo momento il problema vero è il disegno di legge Cirinnà. O meglio, è la cosa che va di moda, un cavallo di battaglia nella lotta tra assertori dei diritti civili di tutti e coloro che invece contrastano queste visioni non tradizionali. Un modo per avere visibilità politica e professare il proprio credo assoluto, laico o meno! Non entriamo nel merito del ddl, anche se sono convinto che il riconoscimento di certi diritti della coppia, qualsiasi sia la coppia che si è creata e in qualsiasi forma decida di aggregarsi, sia un giusto segnale di civiltà verso i modi di pensare, vivere e sentire degli esseri umani. E per non fare confusione, ricordiamo che lo Step Child adoption è ben altra cosa dall’adozione omosessuale, vietata in Italia e contro la quale si sono schierati il 72% degli Italiani, come emerge dall’ultimo rapporto Eurispes. Nella Step Child adoption (che per le coppie sposate esiste già dal 1983), in sintesi, il componente dell’unione civile (anche se la coppia è dello stesso sesso) avrà la facoltà di chiedere l’adozione del figlio biologico del partner; sarà sempre necessario il consenso del genitore biologico e sarà sempre il Tribunale per i minorenni a stabilire, di volta in volta, se l’adozione corrisponde all’interesse del figlio.
Ma in mezzo al clamore delle lotte di questi giorni, chi sta pensando ai bambini? Dal nostro punto di vista, un bambino che cresce in una società sana è un bambino più facilmente votato alla legalità, mentre che cresce in contesti “complessi”, facilmente prende altre strade! Quanto investirai su un bambino in termini di cultura e servizi, tanto otterrai da lui in termini di onestà! Su questo si concentri il Governo di adesso, e chi governerà in futuro. Una vera, grande vittoria, l’avremo noi tutti, quando si metterà in atto una strategia per l’infanzia ed una semplificazione delle leggi che regolamentano l’adozione nazionale. Perché questa Italia, giustamente civile verso i diritti delle coppie, è la stessa che da anni ignora i diritti dei bambini, verso i quali mostra tutta la sua barbarie e la sua ignoranza matrigna. Importante di certo il ddl Cirinnà, ma assolutamente ininfluente rispetto ai drammi che oggi, in Italia, l’infanzia sta affrontando.
*L’autore dell’articolo, IGOR GELARDA, è dirigente del sindacato di polizia Consap