Klaus Schwab, ingegnere tedesco di 77 anni, non è probabilmente un nome molto conosciuto. Ma è certamente un uomo influente ed ha uno dei carnet di indirizzi più ricchi al mondo. Schwab riesce, dal lontano 1971, a richiamare a Davos oltre 2000 personalità da tutte le parti del mondo per il Forum Economico Mondiale (World Economic Forum), di cui è fondatore e Presidente.
Ha inaugurato il 20 gennaio la 46esima edizione ed anche quest’anno la presenza di personalità è stata impressionante: Joe Biden, John Kerry, David Cameron, Manuel Valls, Benjamin Netanyahu sono solo alcuni dei tanti leader politici che hanno partecipato. Accanto a loro i leader di oltre 1.000 multinazionali come la General Motors, Hitachi, Credit Suisse, Cisco, Baidu, Alibaba, Dell, Hewlett Packard ed almeno una decina di governatori di banche centrali. Non sono mancate grandi star dello spettacolo: Leonardo Di Caprio, Bono, Kevin Spacey, Peter Gabriel.
Schwab ama ripetere che il suo Forum cerca di “migliorare lo stato del mondo” ed è un fatto che il Forum sia stato teatro di eventi storici come l’incontro tra Shimon Peres ed Arafat, o Mandela e de Clerk. I detrattori ne parlano come di un evento-vetrina, dove si va per “essere visti”; Jacques Attali, vecchio consigliere politico di Mitterand lo ha definito “una sorta di Caffè Commercio dove chiacchierare, stringere mani e relazioni; Davos è un’operazione commerciale molto efficace dove occorre pagare profumatamente per partecipare”.
Critiche a parte, è indubbio che a Davos si discutano temi di grande attualità e le sfide più importanti sulla scena internazionale. Il tema di quest’anno e’ stato “La quarta rivoluzione industriale”, cioè i grandi cambiamenti sociali ed economici globali, in corso e futuri, causati dalla digitalizzazione, lo sviluppo della robotica e dell’intelligenza artificiale. Schwab, nel suo discorso introduttivo, ha affermato che il mondo sta attraversando un periodo di cambiamenti tecnologici che modificheranno il nostro stile di vita, il modo di lavorare ed i rapporti interpersonali; questa rivoluzione, cominciata nel ventunesimo secolo, è caratterizzata da una fusione di tecnologie che sta abbattendo i confini fra le sfere fisica, digitale e biologica.
La velocità del cambiamento è impressionante: gli avanzamenti dell’intelligenza artificiale, della robotica, delle stampanti 3D, della biotecnologia e della nanotecnologia sono stati enormi; come è enorme la potenzialità di migliorare la qualità della vita ed aumentare la ricchezza in tutto il mondo. D’altronde, il mondo del lavoro potrà esserne sconvolto. Il ruolo crescente delle macchine in fabbrica ed in ufficio potrà ridurre il ruolo dell’uomo a pochi impieghi ben pagati che richiederanno grandi capacità.
In campo politico, le nuove tecnologie permetteranno ai cittadini di organizzarsi ed esprimere le proprie opinioni, creando una nuova dimensione di pressione nei confronti delle autorità pubbliche: ai governi sarà richiesta sempre più trasparenza ed efficienza. Allo stesso tempo i governi, autoritari o democratici, avranno in mano nuovi strumenti per controllare la popolazione tramite pervasivi sistemi di sorveglianza e di controllo della infrastruttura digitale.
Ma le discussioni a Davos sono state dominate anche da temi di stretta attualità. Il segretario di stato americano John Kerry si è concentrato sulle nuove relazioni con l‘Iran e sulla necessità di creare un’ampia coalizione internazionale per sconfiggere Daesh in Iraq e Siria. La direttrice del FMI Christine Lagarde ha affrontato il tema dell’ondata migratoria in Europa, affermando che si tratta di una grande chance per il vecchio continente, in declino demografico ormai da anni; ha discusso alcune proiezioni che mostrano come l’afflusso di rifugiati potrebbe far guadagnare alla Germania alcuni punti di PIL nel medio periodo.
Il politologo Ian Bremmer ha trattato il tema del rallentamento dei mercati emergenti e della Cina; ha detto che la sfida futura per le autorità cinesi sarà l’armonizzazione di due anime del paese diversissime fra loro: da una parte l’interno rurale contadino, povero di mezzi e ricco di tradizioni che formano un legame saldo con il passato; dall’altra le ricche città costiere, che chiedono sviluppo ecosostenibile, uno stato di diritto e una qualche forma di democrazia. Lo stesso Bremmer, commentando poi la situazione in Russia, ha affermato che l’economia sta risentendo del crollo dei prezzi del petrolio, dell’embargo occidentale e della crisi demografica del paese. Malgrado ciò tiene la popolarità di Putin, che riscuote consensi per la sua politica estera interventista. Insomma tre giorni di dibattiti intensi in un luogo d’incontro per le elites mondiali, per un appuntamento ormai divenuto tradizionale.