La guerra fredda medio orientale tra Arabia Saudita ed Iran, le due potenze regionali che si contrappongono nell’area del Golfo arabico, vive in queste settimane un nuovo picco di tensione: la decapitazione di un leader dissidente di fede sciita in Arabia Saudita, le proteste ed i disordini in Iran con l’assalto a sedi diplomatiche saudite, la rottura delle relazioni diplomatiche, gli scambi di accuse tra i leaders dei due paesi sono i segni visibili di un deterioramento del precario equilibrio regionale .
L’Arabia Saudita è stata considerata in questi ultimi anni il più importante riferimento occidentale per la stabilità in Medio Oriente, sia per lo storico legame con gli Stati Uniti, sia per il ruolo di leadership nella Lega Araba e nell’Opec. I sauditi hanno potuto interpretare questo ruolo perché l’Iran, tradizionale avversario nella secolare rivalità tra sunniti e sciiti, é stato a lungo stretto all’angolo nello scenario internazionale per i tesi rapporti con l’occidente, culminati nelle sanzioni internazionali di questi ultimi anni per la questione nucleare.
Ma tutto questo sta cambiando. L’Iran ha assunto un ruolo centrale nel contrasto all’Isis e l’accordo di Ginevra per il controllo del nucleare iraniano ha sancito il rientro del paese nella scena internazionale. Questi sviluppi sono un elemento di grande preoccupazione per la leadership saudita, in un momento di transizione e riassestamento dei vertici del paese.
Il re Salman è succeduto al trono a re Abdullah nel 2015; circolano voci non confermate di demenza senile e serpeggiano dubbi sulla sua capacità di controllare il paese e sulle lotte tra le fazioni all’interno del numeroso clan dei Saud. Ha nominato il figlio trentenne Mohammad bin Salman come Ministro della Difesa; il giovane è accreditato come il reale detentore del potere saudita, ed è il secondo nella linea di successione al trono dopo lo zio Muhammad bin Najef, ministro dell’Interno. Il giovane Principe è considerato il promotore dell’intervento armato Saudita in Yemen contro i ribelli sciiti Houthi; ha anche caldeggiato l’appoggio in Siria alle frange ribelli più vicine ad Al Qaeda, la cosiddetta Armata della Conquista.
Un rapporto di dicembre della BND, il servizio Segreto Tedesco, ha definito il leader Saudita come un “giocatore spregiudicato” in politica, responsabile di una “politica estera interventista ed impulsiva”, causando le proteste ufficiali dei Sauditi.
In una recente intervista all’Economist, Mohammad bin Salman ha difeso la decisione di rompere le relazioni diplomatiche con l’Iran: “Considerate se qualche diplomatico saudita o un suo familiare venga attaccato in Iran. La posizione iraniana sarebbe molto più difficile. Abbiamo voluto prevenire questa situazione di difficoltà iraniana”, ha dichiarato. E ha anche difeso la legittimità delle recenti condanne a morte come il risultato di un regolare processo a porte aperte con tre gradi di giudizio, nei quali gli imputati hanno potuto esercitare i loro diritti di difesa.
E’ comunque evidente che la leadership Saudita voglia alimentare la tensione con l’Iran, per creare difficoltà alla nuova politica statunitense di maggiore equidistanza tra i due paesi. L’ultima provocazione è il rifiuto dei club sauditi di partecipare ai campionati asiatici di calcio che l’Iran ospiterà nel 2016 perché, secondo il presidente della Federazione saudita, “Teheran non può garantire la sicurezza dei nostri calciatori”.
Il principe saudita non ha potuto negare le difficoltà con gli americani; ha lamentato la cautela dell’amministrazione Obama: “ Gli americani devono capire che sono il numero uno al mondo ed agire di conseguenza” e l’attuale mancanza di sintonia con i Saud: “Non ci siamo impegnati abbastanza per spiegare la nostra posizione; pensiamo che questo cambierà in futuro”.
L’Arabia Saudita e la sua nuova politica estera interventista e imprevedibile rappresentano per l’Occidente l’ennesimo problema nel complesso scacchiere medio orientale. La riabilitazione dell’Iran sta risolvendo una situazione di stallo pluridecennale, ma apre la sfida politica per costruire un nuovo equilibrio di rapporti con i Sauditi, alla luce del secolare contrasto tra Sunniti e Sciiti.