I diaconi dell’Arcidiocesi hanno chiesto ufficialmente all’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice che valuti l’opportunità di ordinare diacono, il missionario laico Biagio Conte, fondatore della Missione “Speranza e Carità” e che da oltre 25 anni si occupa degli ultimi della città. Lo hanno fatto venerdì sera nel corso di un incontro al quale hanno partecipato anche le loro spose.
“Biagio Conte è l’araldo della carità e rappresenta un modello da imitare – dichiara il diacono Pino Grasso, promotore dell’iniziativa, accolta a larga maggioranza dagli altri 40 diaconi di Palermo – egli infatti, interpreta molto bene il ruolo di diacono seppure “de facto”. Quale migliore profezia potrebbe rappresentare l’ordinazione diaconale per l’imposizione delle mani del Vescovo di chi ogni giorno indossa il vero grembiule del servizio e non la dalmatica soltanto durante le celebrazioni liturgiche. Personalmente, ogni qual volta lo incontro, non manco di dirgli che è lui il vero diacono ed io quasi mi vergogno perché non so interpretare la diaconia a favore dei poveri e degli indifesi come invece sa fare lui”.
E l’Arcivescovo ha accolto con favore la proposta fatta dai diaconi promettendo che la valuterà con grande attenzione. “E’ una bella idea – ha detto – che mi piace proprio. La Chiesa deve essere arricchita del dono del diaconato che è una chiamata che deve avere una ricaduta sulla comunità cristiana”.
Informato della proposta fatta dai diaconi all’arcivescovo, il missionario laico si è schernito. “Se il Signore vuole e possiamo dare un aiuto come segno di Chiesa – ha detto – sono disponibile ad accogliere questo grande dono”.
Nella sua omelia monsignor Lorefice, ricordando che per 7 anni ha curato il cammino dei diaconi ordinati e di quelli in formazione nella diocesi di Noto, ha rimarcato il ruolo dei diaconi nella famiglia, nella Chiesa e soprattutto nel legame con il Vescovo.
“Con voi e le vostre spose mi sento a casa – ha detto – quello che voi siete lo dovete alle vostre mogli perché un sacramento non annulla l’altro. La coppia diaconale deve fare riferimento a due altari – ha precisato – il talamo nuziale e la mensa da condividere. Ritengo che il diaconato deve essere ripensato dalla sua sacramentalità ed essere segno, legato all’Eucaristia perché è colui che è costituito per ricordare che è un servo e sulla cattedra del servizio deve fondare tutto il suo vivere”.