Il Gup di Catania ha disposto il non luogo a procedere per l’editore e direttore de La Sicilia, Mario Ciancio Sanfilippo, nell’inchiesta in cui era imputato per concorso esterno in associazione mafiosa. Per il Gup il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Il gup, infatti, ha sostanzialmente ‘assolto’ l’editore e direttore de La Sicilia, annunciando il deposito della motivazione entro i prossimi novanta giorni. L’udienza era stata caratterizzata dagli interventi dei legali della difesa, gli avvocati Carmelo Peluso, del foro di Catania, e Francesco Colotti, dello studio di Giulia Bongiorno.
“Sono felice e sollevato per la decisione del giudice che ha ritenuto non vi fossero elementi per sostenere l’accusa che mi era stata rivolta – afferma Ciancio Sanfilippo -. Ho sempre avuto la massima fiducia nella nostra Giustizia e tanto più ne ho avuta in questi mesi difficili, confidando in un esito positivo della vicenda, essendo assolutamente certo della mia totale estraneità ai fatti”.
Un giorno cruciale per Ciancio: “Oggi è il giorno in cui ritrovo la mia serenità e quella della mia famiglia, ma anche quella dei giornalisti e di tutte le persone che lavorano con me, anche loro in qualche modo chiamati in causa in questa vicenda ed anche loro”.
“Credo di poter dire che i giornalisti oggi si siano liberati di un peso che sapevano e sentivano di non potere assolutamente avere sulla coscienza per quello che con me hanno fatto in tanti anni di lavoro serio, onesto, trasparente. Un lavoro che da oggi – conclude Mario Ciancio Sanfilippo – proseguirà con lo stesso impegno e la stessa forza al servizio dei lettori”.
In precedenza la Procura di Catania aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo, ma il Gip Luigi Barone in udienza camerale aveva sollecitato nuove indagini. I pm avevano quindi presentato la richiesta di rinvio a giudizio e nell’avviso di conclusione delle indagini la Procura sottolineava che “la contestazione si fonda sulla ricostruzione di una serie di vicende che iniziano negli anni ’70 e si protraggono nel tempo fino ad anni recenti”.
Si legge poi, sempre in merito alle contestazioni, che esse “riguardano partecipazione ad iniziative imprenditoriali nelle quali risultano coinvolti forti interessi riconducibili all’organizzazione Cosa Nostra”. Nel procedimento si erano costituiti come parte civile l’Ordine dei giornalisti di Sicilia, i due fratelli di Beppe Montana, ucciso dalla mafia, Dario e Gerlando, con il penalista Goffredo D’Antona, e Sos Impresa, associazione antiracket di Confesercenti, con il legale Fausto Maria Amato.