Le istituzioni dello sport italiano prendono posizione sulla bufera doping nell’atletica italiana. A far rumore sono le dichiarazioni del presidente del Coni Giovanni Malagò e Alfio Giomi, presidente della Fidal, che si schierano in difesa degli atleti.
Il presidente del Coni Malagò ha dichiarato: “Questi ragazzi non sono delle persone che hanno barato, è semplicemente un fatto di procedure di comunicazione, con, all’epoca, dei sistemi che non sono quelli attuali”. Secondo Malagò i deferiti “hanno ampi margini di difesa” e l’attuale dirigenza della Fidal è “per certi versi totalmente vittima”.
Lo stesso presidente dell’atletica italiana, Alfio Giomi definisce la situazione “inaccettabile” e afferma: “la giustizia sportiva farà il suo corso ma non si può confondere un problema di natura burocratica dicendo che l’atletica italiana è travolta dal doping. Il nostro movimento è sano: ci metto la faccia“.
Molte le reazioni degli stessi atleti che hanno mostrato la propria indignazione e incredulità. Tra le più significative, Fabrizio Donato (bronzo a Londra 2012 nel salto triplo) pretende “rispetto”, affermando che il “sistema faceva acqua da tutte le parti”, opinione condivisa dall’altro triplista Michele Greco: “Il sistema funzionava male, anzi non funzionava: le comunicazioni si perdevano”. Ruggero Pertile, miglior classificato nella maratona agli ultimi mondiali, dice di “non aver mai usato scorciatoie; si è trattato solo di problemi di comunicazione”.
Secondo le indiscrezioni, l’indagine Olimpia della procura di Bolzano avrebbe raccolto oltre un milione di mail, il cui contenuto proverebbe, invece, una sistematica e volontaria elusione dei test, nel presunto disintersse delle istituzioni.