“Il nome di Dio non può giustificare l’odio e la violenza“. Papa Francesco affronta ancora una volta il delicatissimo tema del rapporto tra fede e conflitto per aprire il secondo giorno del suo 11esimo viaggio del suo pontificato. A Nairobi, Kenia, si svolge il primo incontro ecumenico nella nunziatura con cristiani, animisti e musulmani.
Il ricordo del Papa è andato agli attacchi al “Westgate Mall, al Garissa University College e a Mandera” di Al Shabaab. “Voglio andare in Centrafrica, se non ci riuscite datemi almeno un paracadute”, aveva detto scherzando con il comandante del volo Alitalia.
“Il dialogo interreligioso è una sfida, non è un lusso, non aggiuntivo nè opzionale, è essenziale, è qualcosa di cui il nostro mondo ferito da conflitti e divisioni ha sempre più bisogno. In una società democratica e pluralistica come questa – ha detto il Papa – la cooperazione tra leader religiosi e le loro comunità diviene un importante servizio al bene comune”.
Quindi il ricordo del cinquantesimo della chiusura del Concilio vaticano II: “Intendo riaffermare questo impegno, che nasce dalla convinzione – ha detto – dell’universalità dell’amore di Dio e della salvezza che Egli offre a tutti. Il mondo si attende che i credenti lavorino insieme con le persone di buona volontà nell’affrontare i problemi che si ripercuotono sulla famiglia”.
“Violenza, conflitto e terrorismo- ha detto il papa – si alimentano con paura e disperazione” che “nascono da povertà e frustrazione. La lotta contro questi nemici della pace e della prosperità deve essere portata avanti da uomini e donne che, senza paura, credono nei grandi valori spirituali e politici che hanno ispirato la nascita” del Kenya.
Secondo Bergoglio il perseguimento del bene comune deve essere un obiettivo comune nell’opera di costruzione di un solido ordine democratico: “L’esperienza – ha aggiunto – dimostra che la violenza, il conflitto e il terrorismo si alimentano con la paura, la sfiducia e la disperazione, che nascono dalla povertà e dalla frustrazione”.
“In ultima analisi – ha concluso il Pontefice – la lotta contro questi nemici della pace e della prosperità deve essere portata avanti da uomini e donne che, senza paura, credono nei grandi valori spirituali e politici che hanno ispirato la nascita della Nazione e danno coerente testimonianza“.
“Più che altro ho paura delle zanzare”. Così, come al suo solito, Papa Francesco, appena sbarcato in Kenya, prima tappa del suo viaggio in Africa, ha voluto sdrammatizzare sul pericolo terrorismo, che non gli impedirà di andare anche a Bangui, capitale della Repubblica Centraficana, nonostante gli innumerevoli alert rilanciati dagli 007 francesi. Il Pontefice continuerà a girare con la sua auto bianca scoperta, e non ha alcuna intenzione di indossare il giubbotto antiproiettile. Secondo quanto risulta a Tgcom24, in contatto con la Gendarmeria Vaticana, “la preoccupazione del Papa è rivolta solo ai fedeli”, non nutre alcun timore personale.
È a Bangui che Francesco vuole andare per aprire la prima Porta Santa del Giubileo nonostante i rischi elevati. Grande lavoro quindi per il generale Domenico Giani, comandante della Gendarmeria vaticana, che ha coordinato da terra con l’esercito francese tutte le misure contro il terrorismo in previsione dell’arrivo del Pontefice. L’allerta attentati è massima.
Bergoglio ha anche parlato del summit di Parigi: “Spero che porti a concludere un accordo globale e trasformatore sul clima”. Sono tre gli obiettivi che il Pontefice spera vengano raggiunti: “Riduzione dell’impatto dei cambiamenti climatici, lotta contro la povertà e rispetto della dignità umana”. “Sarebbe triste e catastrofico se gli interessi privati prevalessero sul bene comune”, ha detto.
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