“Non sono una persona capace di odiare. È inutile ragionare su come sono andate le cose. Io non ho voluto sapere”. Sono le parole di Alberto Solesin, il papà di Valeria, la giovane dottoranda veneziana uccisa nell’attentato al teatro Bataclan di Parigi.
Oggi è stato l’ultimo giorno di camera ardente a Venezia. Le porte del municipio di Ca’ Farsetti si sono riaperte questa mattina, presente anche il presidente della Camera Laura Boldrini.
Davvero tante le persone che si sono recate alla camera ardente, lasciando fiori, messaggi, preghiere. Arrivano silenziosi, qualcuno con un fiore, qualcuno lasciando un pensiero nel libro delle condoglianze, qualcun altro assorto per una preghiera o un segno di croce.
La bara di legno chiaro è rimasta adagiata su un tappeto nell’androne del Municipio di Venezia, a Ca’ Farsetti, ai lati fanno servizio d’onore i vigili urbani. Accanto al feretro i genitori di Valeria, papà Alberto e mamma Luciana, raccolti in un dolore dignitoso e schivo, con gli occhi, talvolta, persi nel vuoto.
A metà giornata mamma e papà sono stati raggiunti dal figlio Dario e dal fidanzato della giovane vittima, Andrea Ravagnani. Sul feretro spiccano i fiori bianchi, molti altri sono adagiati davanti. A rendere omaggio a Valeria anche un mazzo di fiori della città di Parigi e di Emergency.
Tra i primi a portare conforto ai genitori di Valeria, il sindaco della città lagunare, Luigi Brugnaro.
A renderle omaggio c’erano anche il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, e l’esponente de la Sinistra Italiana, Stefano Fassina.
Nel pomeriggio è arrivato anche il premier Matteo Renzi, visibilmente commosso, che ha scritto un messaggio sul registro degli ospiti all’ingresso della camera ardente: “Ciao Valeria, grazie per la tua testimonianza di cittadina e giovane donna”.
Domani arriverà il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione dei funerali. Sarà una cerimonia laica: “Non abbiamo voluto un funerale cattolico perché mia figlia non ha avuto una educazione religiosa, ma non ho contrarietà rispetto a una benedizione o all’intervento di un imam. Volevamo qualcosa che non fosse divisivo, ma aiutasse ad unire”, ha detto il padre.