In Sicilia, per uno dei tanti assurdi cortocircuiti burocratici, la Regione siciliana ha di fatto rinunciato ai soldi di uno sponsor. Uno dei maggiori produttori vinicoli italiani, la “Cantine Settesoli” di Menfi, aveva manifestato la volontà di investire 50 mila euro per il recupero del Parco Archeologico di Selinunte e Cave di Cusa ma la Regione guidata da Rosario Crocetta – che non brilla certo per efficienza amministrativa -, dopo una trafila di rimpalli e rinvii, risponde: “No, grazie. Manca il regolamento”.
La vicenda è stata riportata dal Corriere della Sera, che nell’articolo a firma di Sergio Rizzo, ripercorre le tappe di questa storia di straordinaria inefficienza. La storia inizia nell’estate del 2014 La Cantina Settesoli, di cui è presidente il manager palermitano Vito Varvaro (per anni amministratore delegato di Procter & Gamble), decide di dare un contributo alla cultura e pensa al restauro di Selinunte. L’area archeologica si trova a circa una ventina di chilometri dalla sede dell’azienda vitivinicola ed è una delle testimonianze storiche più importanti del Mediterraneo. Oltre a versare direttamente 50 mila euro da investire nei restauri, l’azienda vuole anche proporsi come capofila per un’operazione di “fund raising” con l’obiettivo di raccogliere da altri soggetti privati almeno mezzo milione di euro.
Sembrano tutti favorevoli all’iniziativa ma non si riesce ad arrivare al dunque. Fra lentezze, accelerazioni, stop, cambi di dirigenza, sollecitazioni, risposte, promesse e ultimatum, pochi giorni fa arriva la risposta definitiva della Regione siciliana: manca un regolamento regionale per le sponsorizzazioni e dunque non se ne può fare nulla.
Inevitabile l’esplosione di polemiche politiche. La responsabile Cultura della segreteria nazionale Pd e deputata componente della commissione Cultura, Lorenza Bonaccorsi, bacchetta la Regione siciliana. “È imbarazzante – afferma – la risposta che la Regione Siciliana, dopo oltre un anno di attese e rimpalli burocratici, ha dato a una grande azienda che voleva contribuire, con una sponsorizzazione, alla tutela di un sito archeologico di rilevanza mondiale come Selinunte. La vicenda raccontata dal quotidiano che ha visto l’azienda Settesoli ‘vittima’ della burocrazia siciliana, lascia interdetti e fa vergognare. Un privato tenta inutilmente da oltre un anno di contribuire, anche con la ricerca di altri mecenati, alla tutela di un patrimonio archeologico e culturale inestimabile, che avrebbe grande bisogno di fondi per restauri e manutenzione, ma viene respinto perché la Regione non si è ancora dotata di un regolamento che le permetta di accettare quei soldi. Sembra un paradosso pirandelliano e invece è una amara realtà. Si parla di una cifra importante, mezzo milione di euro. La Regione siciliana non avrebbe potuto semplicemente recepire quanto previsto dal Governo nazionale? Ecco l’ennesimo caso in cui l’autonomia, peraltro molto costosa, invece di semplificare complica ancora di più le cose”.
Il sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone, fa sapere di avere contattato il presidente di Settesoli, Vito Varvaro per esprimergli tutta la sua vicinanza: “Ho preso con lui l’impegno di aiutarlo a risolvere la situazione e l’ho fatto perché credo, come ho più volte ribadito, che si debbano dare ai maggiori siti museali o archeologici, riuniti e riorganizzati, l’autonomia gestionale–amministrativa necessaria per evitare che eventi come questo accadano. Se il parco di Selinunte avesse avuto una sua autonomia a quest’ora le cantine Settesoli avrebbero già da tempo finanziato il parco. È finito il tempo dei musei legati a impalcature burocratiche folli, impossibilitati a gestire con tempi, modi e approcci efficaci per le loro attività. Dobbiamo liberare i beni culturali da questa gabbia. Il patrimonio siciliano deve diventare un polo attrattivo per i turisti e le nostre eccellenze devono innescare ricadute economiche sul territorio”.