Anche nell’ambito della qualità delle cure ospedaliere, l’Italia si presenta spaccata in due. Dalla frattura al femore ai cesarei, passando per la gestione dell’infarto: nel complesso la situazione migliora, ma resta “estrema eterogeneità nell’accesso della popolazione ai trattamenti di provata efficacia”. A dirlo è il Programma Nazionale Esiti, sviluppato dall’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AgeNaS) e presentato oggi a Roma, che fornisce valutazioni di efficacia e qualità delle cure.
Il Programma, uno strumento per il miglioramento delle performance, riprende in considerazione interventi sanitari “che dovrebbero essere offerti a tutta la popolazione”. Come la possibilità di venire operati per frattura del femore nell’arco di soli due giorni, passata dal 31% del 2010 al 50% del 2014 e associata ad aumento della sopravvivenza e del recupero funzionale ma anche ad un risparmio economico.
Solo nel 2014 sono state 180.000 le giornate di degenza risparmiate proprio grazie ad una minore permanenza in ospedale. In Campania è Molise le stime sono pessime, al di sotto del 20% ma al Sud non mancano esempi positivi. Ad esempio, gran parte delle strutture di Basilicata e Sicilia sono sopra il 50%, mentre in Campania un presidio ospedaliero, quello di Aversa(Ce) è passato dal 10% del 2013 a 60% nel 2014: un percorso virtuoso che mostra che ‘si può fare’.
Aumenta il numero di interventi di angioplastica entro 90 minuti dall’accesso in pronto soccorso in caso di infarto, anche se ben sotto il 60% raccomandato. I dati mostrano, commenta Marina Davoli, direttore scientifico Programma Nazionale Esiti, “un lento miglioramento degli indicatori di salute più rilevanti. Ma non è sufficientemente omogeneo come dovrebbe essere in un servizio universalistico e ancora non raggiunge gli standard internazionali attesi”.