Dopo l’inizio dei raid russi contro il cosiddetto Stato Islamico, Mosca lancia l’allarme: “L’Isis ha preso possesso delle tecnologie per produrre armi chimiche”. All’agenzia russa Tass il direttore del dipartimento per la non proliferazione delle armi del ministero degli Esteri, Mikhail Ulianov, dichiara che “sono stati registrati molti esempi di uso di armi chimiche in Siria e in Iraq da parte di miliziani dell’Isis”. Non c’è solo l’uso del cloro per scopi militari, aggiunge, “per il cui utilizzo spesso è accusata Damasco anche se non ci sono prove”.
Secondo l’alto funzionario del ministero degli Esteri russo, “ci sono prove contro l’Isis sull’uso di vere armi chimiche, iprite, e forse lewisite, la cui produzione richiede l’uso di tecnologie piuttosto complesse“.
Il rappresentante del dicastero russo ha espresso rammarico per il fatto che il Consiglio di sicurezza Onu “non ha reagito in modo adeguato a questo fatto, principalmente a causa della posizione dei nostri partner occidentali”.
A suo dire, la Russia ha “più volte e con insistenza” sollevato la questione della necessità di studiare una risposta e chiede ora che venga aperta un’indagine sull’uso di armi chimiche da parte dei combattenti dell’Isis.
La Russia sostiene che il governo di Damasco ha quasi completato il processo di eliminazione delle proprie armi chimiche. “Tutte le armi chimiche sono state trasportate fuori dalla Siria. Solo l’uno per cento del volume totale è rimasto per essere distrutto”. Anche Mosca ha distrutto finora “quasi il 92%” delle proprie scorte di armi chimiche accumulate sin dall’epoca sovietica e, precisa Ulianov, intende completare l’eliminazione di queste armi dai propri arsenali “non più tardi del 2020”.