Un recente studio (durato 7 anni) condotto sulle cause di decesso in 1807 sopravvissuti al cancro, ha evidenziato che il 33% moriva per disturbi cardiaci e il 51% di cancro. A causa delle terapie anticancro, dunque, un paziente guarito su tre sviluppa poi una serie di disturbi cardiovascolari che portano alla morte.
All’International Workshop on Cardioncology in corso a Napoli, è stato presentato un decalogo cardioncologico di prevenzione, incentrato principalmente su un corretto stile di vita, sia in fase di cura che per lo stato di salute generale.
Per alcuni tumori, inoltre, fondamentale è fare l’esercizio fisico per prevenire le ricadute, mentre cambiare alimentazione migliora l’efficacia dei farmaci.
Il parere di Nicola Maurea, direttore della struttura di cardiologia alla Fondazione Pascale di Napoli: “Il problema degli effetti collaterali cardiaci della terapia antitumorale sta crescendo anche a causa dell’invecchiamento della popolazione. Le tecniche ecocardiografiche attualmente diffuse nella maggior parte degli ospedali non sono sufficienti a diagnosticare precocemente l’insufficienza cardiaca in questi pazienti. Le nuove linee guida ci indicano che è obbligatorio utilizzare nuove metodiche di studio”.
Oggi al tumore si sopravvive in una percentuale di casi sempre maggiore, tanto che il 67% degli adulti è vivo a 5 anni dalla diagnosi e il 75% dei bambini è vivo a 10 anni. Si stima che i sopravvissuti al cancro negli Stati Uniti siano oltre 14 milioni e in Italia sono circa 3 milioni, ma per loro sono sempre più alte le probabilità di malattie fatali al cuore.
L’insorgere di disturbi cardiaci post-cancro possono essere evitati se al momento della diagnosi e prima della scelta della terapia oncologica si consulta un cardioncologo, per individuare e trattare eventuali fattori di rischio cardiovascolari come ipertensione, colesterolo alto, diabete, intervendo in anticipo su eventuali patologie sconosciute al paziente.