Suscita forti polemiche negli Stati Uniti la decisione della Turing Pharmaceuticals di aumentare i costi del Daraprim, un farmaco anti-virale molto diffuso e utilizzato soprattutto da malati di Aids.
La startup ha appena acquisito il brevetto e l’amministratore delegato della startup biotecnologica, Martin Shkreli, ha deciso di alzare il prezzo della medicina in modo drastico, passando da 13,5 dollari a dose a ben 750 dollari, in un solo giorno (il 5000% in più).
L’azienda giustifica la propria scelta come la scelta di business migliore per ricavare fondi per la ricerca di nuovi trattamenti medici (soprattutto per Toxoplasmosi e l’Aids), affermando che a incidere sui ricavi sarebbero i costi di sviluppo e marketing.
A destare perplessità è però la netta differenza fra il nuovo costo del farmaco e i suoi costi di produzione, che secondo un reportage di Bbc online sarebbe di solo 1 dollaro a dose.
Tra le reazioni più aspre quella di Hillary Clinton, candidata democratica alla presidenza Usa che intervenendo su Twitter, ha definito vergognoso il nuovo prezzo del farmaco e ha annunciato un piano contro il caro-farmaci e provvedimenti contro le imprese che fanno impennare i prezzi per le specialità farmaceutiche. Le sue dichirazioni hanno provocato un crollo in borsa di tutti i titoli biotecnologici quotati al Nasdaq.
“Il costo è ingiustificabile per la popolazione di pazienti vulnerabili che hanno bisogno di questo trattamento e insostenibile per il servizio sanitario”, sono, invece, le accuse contenute in una lettera aperta scritta dall’Infectious Disease Society of America, dall’Hiv Medicine Association e da altre organizzazioni.
Shkreli, di fronte alle critiche, ha fatto marcia indietro: “Il prezzo del Daraprim sarà abbassato ad un livello che sia più abbordabile e che consentirà alla società di fare profitti, ma molto limitati, e riteniamo che questo cambiamento sarà ben accolto”, ha dicharato Shkreli alla ABC, ma senza indicare il prezzo finale.