È sempre più tesa la situazione in Ungheria. La polizia magiara ha bloccato migliaia di profughi che ieri stavano oltrepassando il confine mentre 174 migranti sono stati arrestati con l’entrata in vigore, dopo la mezzanotte, della legge che prevede fino a tre anni di carcere nei confronti di chi provi ad accedere illegalmente nel Paese. Intanto, un portavoce dell’Unchr ha reso noto che è stato completato il muro ‘anti-profughi’ di 175 km che confina con la Serbia.
E ieri fumata nera a Bruxelles al termine del consiglio Affari Interni dell’Ue: l’accordo unanime sul documento “emergenza migranti” non c’è. Nello specifico sono stati i provvedimenti circa i 120mila ricollocamenti a trovare l’opposizione di Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca. La Cancelliera tedesca ha chiesto un vertice straordinario dell’Ue.
Fa quindi poco testo la dichiarazione resa da Jean Asselborn, ministro degli Esteri del Lussemburgo e presidente di turno dell’Ue, al termine della riunione: “C’è un accordo di principio suffragato da una larga maggioranza di Paesi” e “il Consiglio può decidere per maggioranza qualificata”.
Anche il ministro italiano degli Interni, Angelino Alfano, si era dichiarato ottimista. Durissima Budapest, che ha anche insistito nel voler essere cancellata dalla lista dei Paesi beneficiari dei ricollocamenti. Tutto rimandato quindi alla nuova riunione dei ministri dell’8 ottobre.
In quella circostanza si andrà avanti con la maggioranza qualificata. In ballo, però, c’è il trattato di Schengen. Vienna e Bratislava potrebbero infatti di decidere di ripristinare i controlli alle frontiere sulla scia di Berlino. Si teme quindi un effetto a catena che potrebbe coinvolgere anche Polonia e Francia.
Intanto Grecia e Italia si muovono. Al via i primi 40mila ricollocamenti (26mila dall’Italia e 14mila dalla Grecia) che consentono la costituzione della base legale per l’avvio dell’approccio “hotspot”, centri di smistamento per distinguere i profughi dai migranti economici.
Alfano ha però chiesto l’applicazione degli hotspot in modo graduale, in parallelo ai ricollocamenti, ma soprattutto condizionata “al funzionamento dei rimpatri”, che devono essere “gestiti da Frontex” con “risorse comunitarie” e sotto la responsabilità dell’Ue.