Sono sette le corone di fiori deposte oggi in via Isidoro Carini a Palermo, davanti alla lapide – ripulita dal Comune dopo le polemiche di qualche giorno fa – che ricorda il generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa e la moglie Emanuela Setti Carraro, uccisi il 3 settembre di 33 anni fa nel capoluogo siciliano.
Il timbro della cerimonia sta nel gesto, passato quasi inosservato, di Rita Dalla Chiesa. Accompagnata dalla sorella Simona, l’ex conduttrice di Forum, che vive ormai tra Roma e Palermo, ha deposto ai piedi della lapide che ricorda il padre Carlo Alberto Dalla Chiesa, assassinato dalla mafia il 3 settembre del 1982 assieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente Domenico Russo, una cuscino di rose bianche con la scritta “al nostro comandante per sempre”.
Non un cuscino qualunque. A inviarlo è stato il capitano Ultimo, l’ufficiale che arrestò Totò Riina, finito sotto inchiesta per la mancata perquisizione del covo del capomafia e da qualche mese inibito a svolgere attività d’indagine. In lui, Rita Dalla Chiesa rivede il carattere del padre, l’attaccamento alla divisa, il rispetto dello Stato e la devozione per l’Arma. Un gesto simbolico, insomma, quello della figlia del generale nell’alveo di una breve cerimonia alla quale hanno preso parte il ministro dell’ Interno, Angelino Alfano, e autorità istituzionali, militari e civili. Per la Regione siciliana non c’era il governatore Rosario Crocetta, in sua rappresentanza la vice Mariella Lo Bello. Ma tanto è bastato ad accendere una piccola polemica: “Crocetta assente? Ah sì, non me ne ero accorta. Come mai? Amava il generale Dalla Chiesa, Crocetta? E’ in vacanza? Non so, chiedo, da giornalista mi piacerebbe sapere perché qui non c’è Crocetta”.
“Non so perché ma ho sempre avuto la sensazione che mio padre, amato anzi amatissimo in tutta Italia, in realtà a Palermo fosse di serie B, probabilmente perché non era siciliano”, riflette Rita Dalla Chiesa. “Però è anche vero che da quella sera è cambiato molto a Palermo”, aggiunge, notando che rispetto al passato adesso da alcuni balconi dei palazzi vicini qualcuno si affaccia per seguire la cerimonia. Ricordando Dalla Chiesa, il capo dello Stato, Sergio Mattarella, sottolinea che “con la sua inflessibile battaglia contro l’insidiosa opera di organizzazioni terroristiche e criminali e la sua azione intelligente e tenace, rappresenta particolarmente per le nuove generazioni un grande esempio”.
E il sacrificio di uomini e donne impegnati nella lotta alla violenza mafiosa e “nella strenua difesa dei principi democratici costituisce un costante e severo richiamo, per le istituzioni e i cittadini, a una comune offensiva contro ogni forma di criminalità organizzata e le sue ramificazioni nel tessuto sociale”. A fine cerimonia, altra nota polemica. Protagonista la Cgil. Sistemando le corone di fiori, l’una accanto all’altra, lungo il marciapiede sotto la lapide, qualcuno ha dimenticato quella della Cgil, lasciata appoggiata a un edificio, sul marciapiede opposto. Una “dimenticanza” che ha mandato su tutte le furie i sindacalisti presenti alla cerimonia: “E’ il secondo anno che accade”.