“Le scelte individuali e pubbliche della politica del nostro tempo sono guidate per lo più dal perseguimento di interessi e fini immediati e poco meditati, dettati spesso dalla ricerca dell’utile e meno da un progetto consapevole e a lunga scadenza”. Non accenna ad abbassare i toni il segretario Cei Nunzio Galantino al Meeting di Cl, dopo le polemiche dei giorni scorsi
Aveva definito la classe politica come un “harem di cooptati” scatenando una dura presa di posizione di larga parte delle istituzioni. A Rimini, però, Galantino ha voluto abbandonare momentaneamente il terreno dello scontro parlando di integrazione e accoglienza: “Chi sperimenta qualche forma di difficoltà venga integrato e non scartato”.
“Quanti sono ai margini dello sviluppo siano coinvolti e le loro potenzialità messe a frutto”, ha continuato il segretario dei vescovi prima di ribadire il concetto di accoglienza “come contraltare all’istinto a difendersi dagli altri”. Bisogna quindi costruire una società che “non considera i gruppi e gli Stati per quanto sanno produrre o per le risorse finanziarie di cui dispongono”.
È il Vangelo, per Galantino, a “intendere gli ultimi non più come scarti ma come persone da sollevare e delle quali condividere la sorte. Bisogna prestare attenzione a tutti i poveri, a quelli che non hanno il lavoro o lo hanno perso, a quelli che provengono da zone povere ed arretrate, a quelli che non sono in grado di difendersi perché attendono di nascere”.
“Una Chiesa che fa del limite una risorsa, assume lo stile missionario tanto invocato da papa Francesco divenendo sempre meno dispensatrice di servizi e sempre più ‘ospedale da campo’, chinata sugli ultimi – spiega – anche la Chiesa è sollecitata a rinnovarsi nelle sue strutture, nelle dinamiche decisionali e nelle prassi delle comunità”.
Il percorso da fare è ancora lungo: “Le comunità ecclesiali e le associazioni già sono, per il nostro tempo, un mirabile segno della presenza di Dio e della carità che da lui promana. Queste giornate di incontro e riflessione ne sono un esempio. Tuttavia, ancora tanto dobbiamo fare nella via della testimonianza“.
“A partire dagli anni Settanta abbiamo assistito a un radicale mutamento del paradigma antropologico, che ha contribuito a mettere al centro, talvolta enfatizzandola in maniera esclusiva – conclude – la libertà individuale, quasi rappresentasse l’unico vero valore”.