Tentata estorsione in concorso aggravata dal metodo mafioso. Questo il reato contestato dai carabinieri di Bagheria a Pietro Liga, detenuto nel carcere di Tolmezzo (Udine), Rosa Costantino (Santa Flavia) e Maria Liga (Santa Flavia), tutti destinatari di un provvedimento di custodia cautelare.
Liga, classe 1966, è stato tratto in arresto nel maggio 2013 nell’ambito dell’operazione di polizia “Argo” e successivamente condannato, in via definitiva, a 10 anni e 6 mesi di reclusione per estorsione, in quanto esponente della famiglia mafiosa di Bagheria.
Rosa Costantino, classe 1963, e Maria Liga, classe 1990, rispettivamente moglie e figlia del Liga, sono state sottoposte alla misura degli arresti domiciliari. L’indagine, diretta dalla dda di Palermo, ha fatto luce su numerosi episodi estorsivi avvenuti nel corso del 2014.
Le minacce venivano perpetrate dal mese di agosto ad ottobre 2014, nei confronti di un detenuto per fatti di mafia nel braccio Libeccio (da cui il nome dell’operazione) del carcere “Pagliarelli”. L’uomo veniva ripetutamente minacciato dal Liga e a più riprese fuori dalla struttura rispettivamente dalla moglie e dalla figlia del Liga.
L’attività ha consentito “di acquisire a carico degli indagati un quadro probatorio definito ‘granitico’ nell’ordinanza, che contiene due elementi di peculiare novità, significativi delle nuove dinamiche di “Cosa Nostra”. La vittima è un esponente dell’organizzazione criminale, tratto in arresto il 5 giugno 2014 nell’ambito dell’operazione “Reset”.
L’accusa era quella di essere organico al mandamento mafioso di Bagheria. La vittima, in seguito al suo arresto, veniva avvicinata all’interno della cappella del carcere Pagliarelli dal Liga, rimasto offeso da alcune esternazioni fatte dall’altro nei suoi confronti poiché ritenute lesive della sua dignità di “uomo d’onore”.
Liga quindi intimava a più riprese al detenuto di consegnargli, a titolo di risarcimento per l’offesa patita, “la somma di euro 20.000, minacciandola in caso contrario di ritorsioni nei confronti dei familiari. La richiesta veniva poi progressivamente ridotta, con il consueto metodo adottato da “Cosa Nostra” nei rapporti con le attività imprenditoriali, ad euro 2.500″.
Di rilievo anche il ruolo di Rosa Costantino e Maria Liga, le quali “venute a conoscenza della richiesta estorsiva nel corso dei colloqui autorizzati in carcere con il familiare, si adoperavano per riscuotere il pizzo dalla moglie del detenuto, addirittura tentando di avvicinarla ripetutamente fuori dal carcere Pagliarelli nel giorno dei colloqui in carcere con il marito”.