È in arrivo una vera e propria rivoluzione per quanto riguarda la prevenzione e la diagnosi precoce dei tumori: con un’analisi del sangue di 40 minuti sarà possibile scoprire se si sta sviluppando o meno un cancro all’interno dell’organismo.
Lo assicurano gli inventori di un “setaccio” hi-tech che in futuro permetterà la diagnosi precoce delle metastasi e una migliore personalizzazione delle terapie. E sappiamo quanto sia importante per aumentare le speranze di guarigione che il cancro venga diagnosticato prima che sia in stato avanzato, che in molti casi significa inoperabile. La tecnologia è stata sviluppata grazie ad una piattaforma di National Instruments da un gruppo di ricercatori italiani, e presentata al NI Week di Austin, in Texas.
> IMPORTANTE SCOPERTA PER IL TUMORE AL PANCREAS
“Il nostro dispositivo è in grado di trovare le cellule rilasciate in circolo dal tumore semplicemente analizzando una provetta di sangue in 40 minuti”, spiega Fabio Del Ben, esperto di medicina rigenerativa all’Università di Trieste e co-fondatore della start-up Cytofind Diagnostics che sta sviluppando il prototipo.
Ma come funziona questo “setaccio” hi-tech? In pratica con questo strumento il sangue viene frazionato in microscopiche goccioline che vengono analizzate una per una alla ricerca dei “rifiuti” prodotti dal metabolismo alterato della cellula tumorale.
“Quando le cellule impazziscono – precisa Del Ben – consumano grandi quantità di ossigeno e glucosio, producendo acido lattico. Questo ‘rifiuto’, una volta riversato all’esterno, determina un piccolo abbassamento del pH dell’ambiente circostante, ed è proprio questa variazione di acidità che noi andiamo a cercare in ogni singola goccia di sangue”.
I primi test di laboratorio hanno dimostrato che la tecnica è molto efficace e permette di identificare le cellule dei più svariati tipi di tumore, da quello della mammella al glioblastoma cerebrale, passando per il cancro del colon-retto e dello stomaco. Il tutto con dei costi più bassi rispetto alle tecniche attualmente disponibili, basate sull’impiego di costosi anticorpi che spesso falliscono nel riconoscere la cellula tumorale nei suoi mille travestimenti.
“Pensiamo che nel giro di un paio di anni la nostra tecnologia potrebbe già essere introdotta sperimentalmente nei centri oncologici più avanzati – afferma Del Ben – mentre dovremo forse aspettare qualche anno in più perché diventi una tecnica diagnostica usata di routine”.