La decisione del governo indiano di ordinare il blocco di oltre 850 website pornografici, tra cui i maggiori siti ‘a luci rosse’, ha scatenato un’ondata di proteste sui social network. Lo riferisce oggi The Economic Times.
Il dipartimento delle Telecomunicazioni ha inviato venerdì sera una circolare ai maggiori fornitori di servizi internet, come Airtel e Vodafone, con una lista di 857 siti da oscurare.
Una circolare non rispettata da tutti perché, sempre come fa notare la fonte, soltanto pochi operatori hanno attuato la disposizione e quindi molti popolari siti sono ancora accessibili.
Alcuni ritengono che la pornografia online sia tra le cause dell’aumento di violenze sessuali in India. La censura è stata ordinata in base all’articolo 69A della legge indiana sull’Information Technology (IT Act) che conferisce al governo ampi poteri sul controllo di internet.
La disposizione è stata molto contestata perché violerebbe i diritti costituzionali della libertà di pensiero. Agli inizi di luglio la Corte Suprema indiana aveva respinto il blocco dei siti pornografici avanzato in un ricorso di un avvocato in quanto violava le libertà individuali dell’articolo 21 della Costituzione.