Secondo un recente sondaggio, solo un terzo dei cittadini americani ha mostrato di apprezzare la politica estera di Barack Obama. Gli attacchi repubblicani ad un presidenza ‘debole ed indecisa’ sono costanti: Obama è accusato di essere arrendevole nei confronti dei nemici dell‘America e di aver tradito l’alleato Israele; le sue aperture a tradizionali avversari degli Stati Uniti come l’Iran e Cuba vengono definite ingenue e pericolose. Toni forse ingenerosi per chi ha dovuto gestire le guerre in Iraq ed Afghanistan, le più lunghe della storia americana, ingombrante eredità di George W. Bush.
Rispetto al suo predecessore, Obama è presidente in un mondo più complicato; la Cina è divenuta una potenza economica globale, la Russia di Putin ha una politica estera aggressiva, il Medio Oriente è teatro di guerra e l’Isis ha rilanciato il fondamentalismo internazionale su basi ancora più ampie di al Qaeda. Molti, quindi, i dossier delicati che il presidente americano ha gestito nel corso dei due mandati. Nel ”cortile di casa”, l’America Latina, prevalgono le note positive: la storica apertura a Cuba pone fine a più di 50 anni di inimicizia con un vicino strategico; a fine luglio è prevista la ripresa formale dei rapporti diplomatici con la riapertura delle ambasciate a l’Avana e Washington.
Buoni anche i rapporti con il Brasile di Dilma Roussef, anche se non sono mancati i problemi. Anche la Roussef era intercettata dalla NSA, a detta di Snowden; e agli americani non è piaciuta la disinvolta gestione di Petrobras, colosso petrolifero controllato dal governo brasiliano e coinvolto in un gigantesco scandalo di tangenti a manager e politici brasiliani.
Con la più forte economia europea, la Germania guidata dalla Cancelliera Angela Merkel, i rapporti sono caratterizzati da una fondamentale diversità di vedute sulla gestione della crisi economica europea: i tedeschi sono per un forte controllo delle finanze pubbliche come risposta alla crisi dei debiti sovrani, mentre l’amministrazione Obama pone l’accento più sulla crescita e su una politica monetaria espansiva.
In questi giorni, gli Stati Uniti stanno esercitando la loro influenza sul Fondo monetario Internazionale per perorare la causa della ristrutturazione del soffocante debito greco. Comunque, americani ed europei sono alleati storici; hanno fatto fronte comune contro l’aggressività della Russia di Putin, con le sanzioni economiche in risposta all’annessione della Crimea e al sostegno militare ai ribelli filo russi. I rapporti tra Stati Uniti e Russia sono quindi al momento molto freddi. Nella prima amministrazione Obama, fino al 2012, il segretario di stato Hillary Clinton aveva tentato un avvicinamento con Putin e il suo ministro degli esteri Lavrov; però la questione ucraina ha aperto una frattura profonda tra i due Paesi. Comunque qualcosa si muove; Obama ha pubblicamente ringraziato il presidente russo commentando l’accordo raggiunto con l’Iran sul nucleare.
In Medio Oriente, Obama ha cercato di disimpegnare gli Stati Uniti, convinto che i conflitti in Iraq e Afghanistan abbiano avuto un effetto disastroso sui rapporti tra americani e il mondo musulmano. Il presidente, impegnato a ‘portare i ragazzi a casa’, è stato preso in contropiede dalla Primavera Araba che è degenerata in guerra civile in Siria e nella nascita dell Isis in Iraq.
Sulla guerra civile siriana l’amministrazione Obama ha mantenuto una posizione ambigua: ha chiesto che Assad lasciasse, ma non è intervenuta militarmente neanche quando il regime siriano ha fatto uso di armi chimiche. Per contrastare l’Isis gli americani effettuano raid aerei con una coalizione internazionale, ma non hanno voluto impegnare truppe di terra. Anche durante la guerra in Libia, gli Stati Uniti hanno fornito un tiepido supporto ad un conflitto fortemente voluto da Sarkozy per rovesciare Gheddafi.
È invece di grande importanza il recentissimo accordo per risolvere la questione del nucleare iraniano: l’Iran rinuncerà alle armi atomiche e accetterà le ispezioni internazionali; terminerà in cambio l’embargo che ha soffocato l’economia iraniana. Gli Sciti iraniani potranno giocare un ruolo importante nel contenimento dell’Isis, di matrice Sunnita.
E poi la Cina, unico credibile rivale globale per gli Stati Uniti già nel prossimo futuro. Sin dal primo mandato, Obama e Hillary Clinton hanno imbastito una strategia volta ad aumentare la presenza americana in Asia. Un lungo percorso che ha portato in questi mesi all’autorizzazione del Congresso a procedere con la Trans Pacific Partnership, un accordo di libero commercio fra gli Usa e alcuni paesi asiatici, che insieme pesano per il 40 % del Pil mondiale.
In sostanza, Obama ha dovuto guidare la barca americana in un mondo molto più complesso e multipolare che in passato. Ha riportato alcuni successi, anche di portata storica. Ma le prossime elezioni sono vicine, e gli avversari repubblicani martellano sull’orgoglio di patria tradito da troppi accordi con nemici storici. Prime avvisaglie di campagna elettorale.