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Catania, operazione contro i vertici del clan Scalisi | Emesse 8 misure cautelari contro affiliati VD FT

Operazione della Procura Distrettuale Antimafia di Catania. La Polizia di Stato ha in corso di esecuzione un’ordinanza applicativa di misure cautelari nei confronti di otto presunti affiliati alla cosca Scalisi e responsabili “dei reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione con l’aggravante di essere l’associazione armata”.

Le indagini condotte dalla Squadra Mobile di Catania e dal Commissariato di polizia di Adrano, denominate “Time out” hanno consentito di “decapitare i vertici dell’organizzazione mafiosa Scalisi, operante nel comprensorio di Adrano, alleata della famiglia Laudani di Catania“. Questi i soggetti coinvolti nell’operazione:

Giuseppe Scarvaglieri , (cl.1968), inteso “Pippu ‘u zoppu”, pregiudicato, già detenuto per altra causa;

Pietro Maccarrone, (cl.1969), inteso “Fantozzi”, pregiudicato, Sorvegliato Speciale di P.S.;

Francesco Coco, (cl.1977), inteso “Ciccio mafia ”, pregiudicato, già detenuto per altra causa;

Alfio Di Primo, (cl.1967), inteso “Pisciavino”, pregiudicato, già detenuto per altra causa;

Pietro Severino, (cl.1957), inteso “ ‘u Trummutu”, pregiudicato, già detenuto per altra causa;

Gaetano Di Marco, (cl.1962), inteso “Caliddu”, pregiudicato;

Massimo Di Guardia, (cl.1986), pregiudicato, già detenuto per altra causa;

Davide Di Marco, (cl.1987), pregiudicato, già detenuto per altra causa.

Le indagini, durate dal maggio 2011 all’aprile 2012, “hanno permesso di monitorare le dinamiche interne alla cosca che aveva subito un duro colpo a seguito dell’operazione di Polizia “Terra Bruciata” del 29 aprile 2009, in esecuzione a due distinti provvedimenti di fermo di indiziato di delitto, emessi dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catania, nei confronti rispettivamente di 12 affiliati del clan Santangelo e di 15 affiliati del clan Scalisi”.

È emerso come il boss Giuseppe Scarvaglieri, sebbene detenuto, continuasse a mantenerne la leadership dettando le disposizioni per mantenere il controllo delle attività illecite nel comprensorio adranita. Proprio il boss detenuto “visto che le indagini avevano coinvolto direttamente anche la madre Carmela Scalisi, il fratello Antonio Scarvaglieri ed altri congiuntim aveva maturato un cambio di strategia, preferendo mantenere defilati dalla gestione del sodalizio i propri familiari”.

Per questo motivo “designava, quale responsabile operativo, Giuseppe Santangelo (deceduto per cause naturali lo scorso anno) il quale, in attesa della scarcerazione, godeva dell’appoggio di altri soggetti tra cui Gaetano Di Marco“. Quest’ultimo, in attesa della scarcerazione del Santangelo, ‘figlioccio’ di Scarvaglieri, era diventato il referente del gruppo.

È stato rilevato uno stato di fibrillazione nel gruppo, dovuto proprio all’assenza momentanea “di un leader all’altezza di reggerne le fila, motivo per il quale la stessa famiglia Laudani di Catania era direttamente intervenuta affiancando al Di Marco un proprio referente”. Tra i destinatari della misura figurano Pietro Maccarrone, attuale reggente della cosca, ed altri elementi di rango apicale quali Pietro Severino e Francesco Coco, nonché Gaetano Di Marco e Alfio Di Primo.

Nel corso delle indagini è stato individuato un tentativo di estorsione in danno di un imprenditore impegnato nei lavori di risistemazione della strada provinciale 231, il quale aveva subito il danneggiamento di un mezzo meccanico di proprietà dell’azienda “in relazione al quale in data 28 dicembre 2011 erano stati tratti in arresto, in flagranza di reato, Davide Di Marco e Massimo Di Guardia.

 

 

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