Cancelli sempre chiusi alla Fincantieri di Monfalcone dopo il provvedimento di sequestro di alcune aree eseguito due giorni fa dai carabinieri del Noe nell’ ambito di un’inchiesta relativo allo stoccaggio di rifiuti. Questa mattina i cancelli si sono riaperti soltanto per far entrare circa 150 impiegati dell’amministrazione e non dell’area produttiva.
Nell’enorme cantiere di Monfalcone, infatti, si trova la sede dell’amministrazione dell’intero gruppo, che riprende oggi l’attività dopo l’interruzione dei giorni scorsi. Ieri gli impiegati non sono potuti entrare a causa delle complesse procedure di autorizzazione all’ingresso nell’area. Intanto il gruppo avrebbe avviato la procedura per la richiesta di cassa integrazione per un numero imprecisato dei propri dipendenti dell’impianto. Nei cantieri di Monfalcone lavorano circa 4.500 persone, delle quali oltre 1.500 dipendenti diretti di Fincantieri, il restante operai delle società in appalto.
Protestano i sindacati: “Non possono essere i lavoratori a pagare le dure conseguenze di un provvedimento della Magistratura”, dice Mario Ghini, segretario nazionale della Uilm. Michele Zanocco, segretario nazionale Fim Cisl chiede invece all’azienda “interventi rapidi e risolutivi, oltre che il massimo della chiarezza sulla reale situazione di eventuale pericolo delle aree poste sotto sequestro, che a dire il vero, sino ad oggi non abbiamo mai registrato, o di eventuali violazioni di norme”. Anche il Governo vigila sulla situazione: “Siamo molto preoccupati per ciò che sta accadendo a Taranto e Monfalcone. – ha ammesso il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti –. Non escludiamo a questo punto un intervento normativo di emergenza”. Al cantiere di Monfalcone sono in costruzione alcune navi, grazie anche alla ripresa degli ordinativi, tornati a livello di prima della crisi del 2007.