La polizia ha arrestato a Palermo quattro persone accusate di estorsione aggravata dall’avere agito in favore di Cosa Nostra. Dalle indagini è emerso che gli arrestati avevano sottoposto ad estorsione un imprenditore del settore della ristorazione. L’escalation di pressioni indebite nei suoi confronti è stata caratterizzata prima da minacce perpetrate durante la fase della ristrutturazione dei locali e successivamente dal pagamento di un “pizzo”, che oscillava da 2 mila a 15 mila euro, per ottenere “l’autorizzazione” della cosca locale alla prosecuzione dei lavori ed all’avviamento dell’attività commerciale. Di fatto, i malviventi intendevano impedire la vendita al minuto nei confronti di operatori sanitari e pazienti di un ospedale che si trova nei pressi dell’esercizio commerciale.
Uno degli arrestati è Vincenzo Giudice, gestore del bar all’interno dell’ospedale Civico, che non voleva subire la concorrenza del rosticcere al quale faceva pagare il pizzo. Giudice è finito in manette due giorni fa, nell’operazione Verbero dei Carabinieri; il suo bar sarebbe diventato, secondo gli investigatori, un punto di ritrovo dei boss mafiosi.
Nell’ambito dell’inchiesta antiracket della polizia di Stato a Palermo oltre a Giudice, 37 anni, sono stati arrestati Eugenio Donato di 35 anni, Piero Oriti Misterio di 34 anni e Attilio Di Stefano di 47 anni, per estorsione aggravata. A Giudice e Donato anche è contestato anche la rapina. Le indagini, condotte dalla Sezione “Criminalità Organizzata” della Squadra Mobile palermitana, insieme personale del commissariato “Porta Nuova”, avrebbero accertato che i quattro, tra il mese di agosto e quello di settembre del 2014, avevano chiesto e ottenuto il pizzo da un imprenditore del settore della ristorazione che si trova nella zona dell’ospedale Civico che venne anche picchiato perché cercò di intralciare l’attività del bar dell’ospedale gestito da quello che viene definito il nuovo capomafia del Villaggio Santa Rosalia Vincenzo Giudice.
Per danneggiare il ristoratore vennero ordinati telefonicamente numerosi pezzi di rosticceria, fatti tagliare a metà. La richiesta risultò falsa e il titolare del negozio fu costretto a buttare la rosticceria. La vittima dell’estorsione è stata doppiamente taglieggiata da “Cosa Nostra”: ha, infatti, pagato la “messa a posto”, per ben due volte, ad altrettanti gruppi criminali, accreditatisi come riferimenti mafiosi sul territorio.
La prima coppia di estortori – dicono gli investigatori – composta da Oriti Misterio e Di Stefano, avrebbe avanzato la richiesta di quindicimila euro, ottenendo una prima rata di duemila euro; la seconda coppia, composta da Giudice e Donato, esponenti “ufficiali” di “Cosa Nostra” sul territorio dell’attività commerciale avrebbe, invece, preteso la somma di diecimila euro, ottenendo cinquemila euro. Di Stefano, per le “leggi mafiose” non poteva chiedere soldi a un negozio fuori dal suo mandamento così è stato attirato in un’imboscata dai suoi rivali, con a capo Giudice, ed è stato picchiato e rapinato del borsello contenente denaro ed effetti personali.