Palmyra, l’antica città patrimonia dell’Unesco, per adesso è salva. L’esercito siriano è riuscito a respingere l’attacco dell’Isis alle sue antiche rovine. Nella battaglia ci sono stati almeno 300 morti, tra soldati siriani, uomini dell’Isis e civili. I miliziani dello Stato islamico, dopo aver conquistato alcuni sobborghi settentrionali ed orientali della città moderna, lontana diversi chilometri dal sito archeologico, sono stati ricacciati indietro. L’aviazione siriana inoltre ha continuato a bombardare le postazioni dell’Isis nei pressi del giacimento petrolifero di Al Hill, non lontano dalla città, che era stato conquistato dai jihadisti.
A Ramadi, in Iraq, invece, sono almeno 22, secondo Al Jazira, i soldati uccisi tra i quali 15 vittime di quattro autobomba guidate da attentatori suicidi. I jihadisti si sono impossessati di altre aree nel centro prendendo ormai il controllo di gran parte del capoluogo della provincia di Al Anbar, cento chilometri ad ovest di Baghdad.
In serata la televisione di Stato irachena ha riferito che il premier Haidar al Abadi ha ordinato alle truppe di non ritirarsi da Al Anbar, chiedendo allo stesso tempo alle milizie sciite, alleate dell’Iran, di tenersi pronte ad intervenire al fianco delle forze lealiste, come già fatto nella riconquista di Tikrit, la città natale di Saddam Hussein, a nord di Baghdad. Intanto migliaia di civili sono stati costretti dai combattimenti ad abbandonare le loro case e si sono messi in marcia verso la capitale.