L’ex presidente egiziano Mohammed Morsi è stato condannato a morte per aver organizzato un’evasione di massa dal carcere di Wadi El-Natroun al Cairo durante la Rivoluzione del 25 gennaio 2011 contro il regime di Hosni Mubarak.
La prima condanna a morte per il deposto presidente egiziano riguarda quindi solo l’evasione di massa, mentre Morsi ha scampato la pena capitale nel processo per spionaggio a favore di Hamas in cui altre 15 persone sono state condannate a morte.
Insieme a Morsi, dal carcere evasero altri 30 detenuti, mentre oltre 20 mila fuggirono da altri carceri dell’Egitto, tra cui membri del movimento libanese di Hezbollah e militanti palestinesi di Hamas. Insieme ad altri 132 coimputati, Morsi è accusato di evasione, attacco al carcere e omicidio di agenti il 28 gennaio 2011. La sentenza è stata emessa da un tribunale del Cairo. Il mese scorso il deposto presidente islamico era già stato condannato a 20 anni per incitamento alla violenza contro i manifestanti del 2012, quando era alla guida dell’Egitto.
Insieme a Morsi, il Tribunale penale del Cairo ha condannato a morte altri due esponenti di spicco dei Fratelli Musulmani, il numero due della Confraternita Khairat al-Shater e il segretario generale Mohammed el-Beltagi. Ora la parola finale spetterà al Grand Mufti, la massima autorità legale islamica dell’Egitto, che dovrà decidere se approvare le condanne a morte.
L’invio della sentenza al Gran Mufti è il primo passo nell’iter legale necessario ad applicare la pena capitale. La decisione del Mufti non è vincolante, ma dopo la sua decisione il tribunale emetterà un verdetto finale, previsto per Morsi il 2 giugno. Una volta che questo sarà reso noto, gli imputati potranno ricorrere in appello.