Maxi operazione contro la ‘ndrangheta in collaborazione tra la polizia italiana e l’Fbi americana per smantellare un traffico internazionali di stupefacenti tra gli Stati Uniti e la Calabria. Le persone arrestate sono 13 mentre gli indagati sono una trentina. I provvedimenti sono stati emessi dalla Dda di Reggio Calabria e dalla magistratura americana ed eseguiti dal Servizio centrale operativo (Sco) , dalla Squadra mobile di Reggio Calabria, dall’Fbi e dall’Homeland security.
L’indagine avrebbe ricostruito vecchie e nuove alleanze criminali tra le famiglie mafiose americane e i clan della ‘ndrangheta nella gestione del traffico internazionale di droga. Nelle oltre 300 pagine del fermo, i magistrati di Reggio Calabria, il Procuratore Capo Federico Cafiero de Raho e il Procuratore Aggiunto Nicola Gratteri, hanno individuato le connessioni tra i boss calabresi e quelli d’oltre oceano.
Sarebbe stato un ristorante nel Queens, a New York, gestito da Gregorio Gigliotti, un calabrese incensurato assieme alla moglie e al figlio, la base per il narcotraffico tra Italia e Usa, così come sarebbe emerso dalle intercettazioni audio e video. Dal locale, l’organizzazione controllava l’imponente traffico di stupefacenti e per questo motivo l’uomo, assieme ai familiari, era stato arrestato il mese scorso: nel corso della perquisizione nel ristorante erano sono stati sequestrati oltre 100 mila dollari, sei pistole, un fucile, cocaina e marijuana.
Gregorio Gigliotti, fiura chiave dell’inchiesta, imprenditore calabrese da tempo residente a New York, era stato arrestato insieme alla moglie Eleonora Lucia e al figlio Angelo nell’ambito delll’operazione New Bridge 2. A New York, Gigliotti aveva aperto il locale “Cucino a modo mio”, e risultava intestatario o comproprietario di una serie di attività di import export di prodotti alimentari. Per le autorità statunitensi era un insospettabile, ma quando il suo ristorante è stato messo sotto controllo, l’Fbi ha potuto riscontrare la presenza stabile di diversi elementi legati alla ‘ndrangheta reggina.
Un riscontro importante per gli investigatori italiani, che già da tempo stavano sulle tracce di Gigliotti, considerato l’erede del broker della droga nella Grande Mela, Giulio Schirripa, arrestato nel 2008 nell’ambito dell’operazione Solare e con l’italo americano Christopher Castellano, assassinato nel 2009 subito dopo aver iniziato a collaborare con le autorità federali statunitensi . Dagli approfondimenti investigativi disposti dall’United Attorney’s Office-Eastern District di New York, è emerso che Gigliotti avrebbe ricevuto dal boss delle famiglie della mafia americana, Anthony Joseph Romanello, un prestito necessario per sovvenzionare le spedizioni di cocaina in Italia.
Gigliotti, secondo la procura di Reggio, era in contatto anche con la famiglia Genovese, una delle più importanti del gotha mafioso ed rapporti con appartenenti alle cosche di Gioiosa e Siderno. Gli investigatori hanno ricostruito la rete di appoggi sui quali Gigliotti poteva contare in Calabria: tra questi, i più importanti erano Franco Fazio, parente della moglie di Gigliotti, e i fratelli Francesco e Carmine Violi, con cui lo stesso Fazio era in stretti rapporti. I fratelli Violi, a loro volta, sono parenti con alcuni appartenenti alla cosca degli Alvaro. Fazio era dunque l’uomo di fiducia del ristoratore in Calabria ed era colui che contattava i soggetti interessati ad acquistare la droga in tutta la regione.
La cocaina arriva negli Usa nascosta in container provenienti dal centro America contenenti ufficialmente frutta tropicale e tuberi: grazie ai pedinamenti ed alle intercettazioni, gli investigatori sono riusciti ad intercettare alla fine del 2014 nei porti di Wilmington, nel Delawere, e di Chester Philadelphia, in Pennsylvania, due carichi di droga per un totale di 60 chili di cocaina purissima. La “copertura” utilizzata per importare la droga era una società impegnata nel settore alimentare e nell’importazione di frutta tropicale.