Zain-ul-Abedin, Mohammad Yaqoob, Mohammad Sharif, Abdul Bashir: sono questi i nomi dei quattro uomini condannati a morte da un tribunale afghano per essere stati tra i principali istigatori dell’omicidio di Farkhunda, la 27enne afghana uccisa il 19 marzo da una folla inferocita.
La vittima era stata linciata e malmenata a morte per aver bruciato una copia del Corano, accusa che poi si è però rivelata infondata. Dopo che alcuni sconosciuti l’avevano incolpata del gesto blasfemo, la donna è stata travolta da un’ondata di violenza inaudita: è stata presa a calci, pugni e bastonate, e il suo corpo esanime è stato trascinato sulla riva del fiume Kabul, dove poi è stato incendiato.
Il fatto, accaduto vicino alla moschea Shah Do Shamshera, ha visto coinvolte in tutto 49 persone, tuttora sotto processo, per le quali la sentenza è prevista nei prossimi giorni. L’inchiesta ha appurato la totale falsità dell’accusa mossa contro la donna, e che la giovane, prima di subire l’aggressione, stava invece puntando il dito contro alcune persone, tra cui un mullah, accusandoli di loschi affari nella vendita di amuleti nella moschea.
Intanto, oltre alle quattro pene capitali, il giudice Safiullah Mujaddedi ha deciso anche condanne a 16 anni di reclusione per altri 8 uomini coinvolti nel processo, ricordando comunque al termine della seduta che gli imputati hanno diritto di fare ricorso contro la sentenza alla Corte d’appello.