“Non credo di voler fare l’allenatore ma l’idea del ct mi piacerebbe. Mi immagino anche un ruolo dirigenziale”. Gigi Buffon guarda al futuro, professionale e non. In un’intervista concessa al magazine GQ, il capitano della Juve e della Nazionale si racconta a 360°: “Sono gli altri che possono riconoscere in una persona la leadership ma imporla non può mai funzionare”.
“Essere capitano della Nazionale per me è bellissimo – prosegue – Il mio senso di appartenenza a questa nazione è qualcosa in cui credo molto. E se anche, ovviamente, vedo gli incredibili limiti che tutti noi conosciamo, questo è un Paese che non si può non amare. Si comincia ad essere adulti nel momento in cui ci si fa carico delle responsabilità”.
Dietro le luci, le ombra di un male silenzioso: “Per me, ora, questo vuole dire diverse cose: la famiglia, la squadra, essere un cittadino. Un passaggio importante nella mia maturazione è stata la depressione, dopo è arrivata la consapevolezza, una sorta di consacrazione e di rivoluzione. Il cambiamento quindi a che fare con la presa di coscienza”.
“Anche il pensiero della paura cambia. Il pensiero della paura ora è sempre e soltanto legato ai miei figli -sottolinea Buffon – Quello che mi turba è l’idea di poterli deludere o dar loro, anche inconsapevolmente, degli insegnamenti sbagliati. Diventa vero il bisogno reale di trasmettere i propri valori. La mia ambizione è un miraggio, un’utopia: la felicità totale, ventiquattro ore al giorno”.
Cosa intende Buffon per felicità? “Per me è fondata su una grandee serenità interiore, data da rapporti che ho come amico, come figlio e padre, fratello, come compagno: questo è quello che mi fa stare bene. Questo tipo di vita ti consuma da un punto di vista fisico e nervoso, ma ti regala qualcosa che non ti dà nient’altro al mondo”.
Le gioie più grandi possono arrivare anche da un rettangolo verde, dal campo. Già domani contro il Real, l’occasione sarà di quelle imperdibili: “L’emozione di essere protagonista di una competizione importante è qualcosa di inspiegabile. Poi quando in maniera brutale si chiude la saracinesca di certo il contraccolpo psicologico ti può abbattere”.